sabato 10 marzo 2012

Il fascino della delazione

Negli ultimi tempi le polizie di alcuni stati del Nord America hanno aperto una propria pagina sui social network, pubblicizzandola corposamente, per coinvolgere i cittadini nella denuncia delle irregolarità commesse in città. Nell’impossibilità di controllare tutto, con le limitate forze di polizia a disposizione - questa è la logica - si cerca di decentrare il controllo verso i singoli cittadini, presenti sul luogo del misfatto e magari in grado di scattare e spedire una foto con il loro smartphone. Potrebbe sembrare l’apertura a un sistema di cittadinanza attiva, di partecipazione, di cura diffusa del bene pubblico (e ci sarebbe tanto da discutere sulle ricadute di questi metodi sulla forma mentale e sulla convivenza civile).
Ma qui vorrei limitarmi ad annotare che in Italia un tale sistema andrebbe senza meno considerato illegale, per un motivo molto semplice: la legge italiana - ne parlavamo qualche mese fa - intende se stessa come preventiva, non punitiva: il crimine dev’essere cioè prevenuto ed evitato, non semplicemente punito (almeno questo sarebbe l‘intento). Per questo le forze dell’ordine hanno l’obbligo di mostrarsi in divisa; per questo l’autovelox va ad esempio annunciato con anticipo in maniera visibile ecc. ecc. Non voglio neanche discutere qui se questo metodo sia giusto o meno; ho anzi in precedenza parlato dell’opportunità di metterlo in discussione, almeno limitatamente a certe questioni (cfr. "Gli ausiliari del fisco", «Il Caffè», 25 novembre 2011). Semplicemente, ribadisco, allo stato attuale delle cose, la cosa sarebbe da ritenersi illegale in Italia (a quanto mi risulta, nessuna forza dell’ordine italiana ha aperto una pagina sui social network incitando la gente alla denuncia selvaggia del prossimo).

E mentre scriviamo si apre NoBill, sito per la denuncia online dei commercianti che non rilasciano lo scontrino

Ebbbene, ancor più sconvolgente è un’altra cosa: mancavo da molto in una sala cinematografica e sono rimasto basito nel vedere che prima della proiezione lo schermo riportava il seguente messaggio (cito a memoria): “la proprietà intellettuale è tutelata dal copyright. Riprendere una proiezione con una telecamera danneggia il cinema e costituisce un reato. In presenza di movimenti sospetti o di situazioni anomale, informa immediatamente il personale del cinema”.
Incredibile. Qui si incita alla delazione, in maniera esclusivamente punitiva, a tutela non dell’ordine pubblico ma degli interessi economici di privati (le case cinematografiche). E vengono incitati a ciò dei soggetti che non hanno nessun titolo per farlo: gli spettatori (ma se il cinema ci tiene tanto a cogliere in flagrante i videopirati, perché non mette un agente in divisa in ogni sala?). È un luogo comune (purtroppo fondato) di questi tempi che la politica sia serva dell’economia. Ma sembra che qui siamo in presenza di un’economia che non solo detta legge agli Stati, ma che addirittura si pone al di sopra delle loro stesse leggi. Certe volte la realtà è così assurda che sembra proprio di essere in un film.

(«Il Caffè», 9 marzo 2012)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano