martedì 22 novembre 2011

Ivan Illich. La vita oltre il pensiero

L’importanza [degli scritti di Ivan Illich] consiste nel fatto che essi hanno un effetto liberatorio sulla mente del lettore nella misura in cui svelano interamente nuove possibilità; essi arricchiscono il lettore aprendogli la porta dalla quale si può uscire dalla prigione delle cognizioni sterili, preconcette, frutto della routine quotidiana. Mediante uno choc creativo gli scritti di Ivan Illich comunicano un messaggio [...] essi parlano la lingua della forza e della speranza che spingano a cominciare di nuovo.

Così Erich Fromm, intellettuale americano amico di Illich, sintetizzava i motivi per cui è importante leggere i libri del sociologo austriaco oggi, nel terzo millennio del pensiero unico globalizzato. Ai libri da leggere si aggiunge oggi il nuovo volume di Martina Kaller-Dietrich, Vita di Ivan Illich (ed. Dell’Asino, 2011), che si inserisce nel solco delle pagine già dedicate alla biografia da David Cayley e da Maurizio Di Giacomo.
Può sembrare banale l’idea che uno studio complesso del pensiero di un autore non possa prescindere dall’esame della sua biografia; ma nel caso di Illich questo è ancor più vero e necessario che mai. Un esempio per tutti. Illich è stato - tra le altre cose - il grande teorico della convivialità. Ebbene, quella che per molti è e rimane una teoria, un’idea suggestiva, per tanti altri è stata un’esperienza; per Illich stesso è stata una prassi:
per capire cosa attirasse le persone intorno a sé basti pensare che egli condivideva sempre la propria tavola con gli interessati, in quel modo esperto che Leopold Kohr definì “academic inn”: mangiare, bere e scambiarsi opinioni in un’atmosfera piacevole. Illich chiamava questi incontri living room consultations.
Una vita passata all’insegna delle cose che pensava e in cui credeva; fino all’estrema decisione di rinunciare ad assoggettarsi alla tirannia della medicina specializzata, finanche in presenza del tumore che negli ultimi anni gli aveva completamente deturpato la faccia, costringendolo per il dolore a ricorrere all’oppio. Come tutti gli intellettuali di grande spessore, Illich era reticente sui propri dettagli biografici (abbiamo conosciuto in tal senso di prima mano la reticenza di Raimon Panikkar), che probabilmente considerava un indecoroso e svilente gossip (o, più probabilmente, una forma secolarizzata di idolatria).
Uno scettico e un contestatario, un polemico non classificabile in alcuna corrente di pensiero.
Un ebreo austriaco che ha vissuto in America. Un sociologo e filosofo osservatore della modernità (letta con la lente della lezione medievale). Un prete cattolico ai ferri corti con la Chiesa. Illich è stato tutto questo e molto, molto di più. Kaller-Dietrich ci presenta un ritratto a tuttotondo che attinge alle fonti illichiane e alle testimonianze degli innumerevoli amici sparsi in tutto il mondo. Facendoci appassionare alla parabola esistenziale di un uomo che ha visto i nostri problemi odierni con quarant’anni di anticipo. Dandoci spunti, critiche e qualche soluzione che faremmo meglio a cominciare a prendere sul serio.

(«l'Altrapagina», novembre 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano