Più di un anno fa (l’articolo è del 16 aprile 2010) scrivevo su queste pagine di Thaksin Shinawatra, ex primo ministro thailandese in esilio volontario a causa di una condanna a due anni di carcere per violazione della norma sul conflitto d’interessi. Ne mettevo in evidenza (ove mai ce ne fosse stato bisogno) le incredibili somiglianze con un altro primo ministro e imprenditore della storia di casa nostra, Silvio Berlusconi: anche Shinawatra è proprietario di un impero finanziario gigantesco, basato soprattutto sulle telecomunicazioni, grazie al quale è stato l’uomo più ricco della Thailandia; ha acquistato una importante squadra di calcio, ha fondato il suo personale Partito dell’amore (il cui nome è “I thai amano i thai”) e in più... ha un pessimo rapporto con la magistratura del suo Paese (sembra essere il triste comune destino di tutti quelli che si mettono in politica senza aver prima rinunciato ai propri affari).
Yingluck Shinawatra, sorella dell’ex presidente Thaksin, è oggi a sua volta Presidente della Thailandia. Uno stato democratico a conduzione familiare
Oggi, sotto i riflettori c’è la sorella, Yingluck, appena eletta a sua volta primo ministro. Già Presidente di diverse aziende di famiglia, è oggi la prima donna a guidare la Thailandia. Di lei - inesperta, mai stata in politica, indecisa fino all’ultimo momento (ancora lo scorso aprile negava qualunque aspirazione a guidare il partito candidandosi: “non voglio rinunciare alla mia vita”, sosteneva) - si dice che abbia scelto questa strada per devozione alla famiglia più che per ambizione personale. E si teme che possa oggi utilizzare il suo potere per approvare un’amnistia che permetterebbe al fratello contumace di ritornare in patria. Storie di famiglie che conducono gli stati allo stesso modo di una azienda di loro proprietà. Che riescono a strappare la maggioranza dei voti in elezioni democratiche (checché se ne possa dire o sospettare, commentare o “dietrologizzare”, di tratta pur sempre di un suffragio libero).
Penso alla Thailandia, penso all’Italia. Poi leggo che Marina Berlusconi, figlia di tanto Silvio nonché presidente di Fininvest e dell’editore Arnoldo Mondadori, ha dichiarato ai giornali - in seguito alla sentenza per la quale Fininvest dovrà risarcire un danno di quasi 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti - che Fininvest non sborserà neanche un euro, perché questa sentenza non è altro che l’ennesima espressione di una persecuzione della magistratura italiana ai danni di suo padre. Che dite, è pronta per entrare in politica?
(«Il Caffè», 14 ottobre 2011)