lunedì 12 settembre 2011

Il cerchio di Panikkar


Leggere la filosofia di Raimon Panikkar nella luce dell’attualità del mondo. Meglio: Leggere l’attualità del mondo alla luce della filosofia di Panikkar. Ecco, in sintesi, il proposito dell’ultimo libro di Francesco Comina, Il cerchio di Panikkar (ed. Il Margine, 2011). Rendere attuale (nel senso di porre in atto) il pensiero del filosofo di Tavertet non solo nell’analisi della realtà, ma anche nella proposta di un modo di vivere diverso, nuovo, umano.
Così il libro scorre, per così dire, in due alvei paralleli: da un lato l’esame del messaggio, degli scritti, della terminologia panikkariana; dall’altro
il tentativo di servirsi immediatamente delle nozioni appena espresse per ricavarne un proposito, mostrarne una ricaduta, evidenziare la possibilità di un’applicazione pratica. Siamo in quel luogo dove la filosofia - pur di sapersene servire - può cambiare concretamente le cose. Ecco che Comina parla di un argomento tipicamente medievale come quello dell’inseparabilità di amore e conoscenza, poi critica la tecnocrazia; entra nelle questioni del dialogo interreligioso come trampolino verso la pace, e subito si riversa sui temi della guerra e dell’odierno colonialismo; spiega il concetto dell’anima mundi, e senza soluzione di continuità mostra l’impossibilità della crescita economica infinita e la contraddittorietà (e l’ipocrisia) del nostro occidentale concetto di sviluppo. Non è un caso - vien da pensare - che la Prefazione al volume non sia stata affidata, come prassi, a un esperto di Panikkar o di filosofia, ma a un docente di economia noto in tutto il mondo per il suo impegno a sostegno della decrescita e del localismo che risponde al nome di Serge Latouche.
Viviamo in un’epoca di “terricidio” (termine con cui Panikkar negli anni ‘80 ha stigmatizzato il nostro modo di trattare la terra che ci sostiene, fino a pagarne le conseguenze più terribili, in termini ad esempio di aumento del numero di cataclismi e di avvelenamento dell’acqua da bere). Ma, prosegue, non per questo è necessario abbandonarsi alla sindrome T.I.N.A. (There Is No Alternatives - non vi sono alternative): esistono altre possibilità, e la prima è l’ecosofia (nozione cui Panikkar ha dedicato un libro e numerosi interventi), l’amore per tutto ciò che è, che non è un generico slancio emotivo nei confronti della madre terra, bensì la consapevolezza precisa (e si potrebbe forse dire anche tecnica) che oggi, nell’epoca della globalizzazione, i problemi di uno sono i problemi di tutti, e che non è possibile curare i mali globali con dei rimedi locali. Cui Comina aggiunge, con Panikkar, che il primo e più indispensabile dei rimedi di cui ha bisogno con urgenza la nostra rumorosa civiltà, è il silenzio.
Il libro - erudito senza essere accademico - ha tra gli altri il merito di approfondire l’aspetto politico e metapolitico del pensiero di Panikkar (mai trattato in dettaglio prima d’ora), cui dedica un intero capitolo; nonché quello di raccogliere importanti informazioni inedite, come i numerosi incarichi ricoperti in vita dal filosofo (le informazioni biografiche sono nel caso di Panikkar materia rarissima e preziosa), l’opinione del Premio Nobel per la letteratura Octavio Paz, per il quale «Raimon Panikkar aveva un’intelligenza elettrica», o il proposito di Mircea Eliade di sceglierlo come suo epigono. Impreziosito dalla stampa della firma autografa di Raimon Panikkar nell’occhiello di collana e da un album fotografico a colori di sedici scatti (otto pagine fuori testo).


F. Comina, Il cerchio di Panikkar, ed. Il Margine, 2011, pp. 168, euro 16.

(«l'Altrapagina», settembre 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano