mercoledì 22 giugno 2011
La logica del dono
La nostra società globale è un unico grande mercato. Tutto può essere acquistato o venduto: ogni cosa ha il suo prezzo. Il mercato (cioè la società) è in grado di regolarsi da solo nel migliore dei modi per il bene di tutti (ovvero, della maggior parte). Qualunque intervento politico o sociale, a favore ad esempio dei disoccupati, non è che un intralcio o un danno a un meccanismo intrinsecamente perfetto. Lo scopo della vita umana è accumulare la maggior ricchezza possibile.
Tutte le cose che avete appena letto sono false. Non di meno, tutte ci vengono propalate quotidianamente da radio, giornali e soprattutto dalla televisione, in forma di pubblicità, di telefilm, di tribune politiche, di conferenze stampa e perfino di trasmissioni “culturali” e “di informazione”. La nostra società capitalistica si fonda sulla celebrazione ininterrotta della menzogna: ecco perché Roberto Mancini, professore ordinario di Filosofia Teoretica all’Università di Macerata, sostiene - nel suo ultimo libro La logica del dono (ed. Messaggero, 2011) - che l’umanità si trovi nel bel mezzo di una “crisi di civiltà” nella quale l’uomo - la cui percezione delle cose viene continuamente distorta dalla propaganda - smarrisce il senso della realtà e non è più in grado di riconoscere i reali bisogni propri, dell’altro e della terra. È necessario ripartire con una opportuna iniezione di lucidità: la nostra società ospita un mercato, è vero, ma non vi si esaurisce. La responsabilità dell’aver cura
della vita comune e del mondo naturale non può venir delegata al meccanismo anonimo del libero scambio (incapace a ciò di diritto - in quanto ha come obiettivo l’aumento della ricchezza disponibile, non la vita - ma ancor più di fatto - un solo sguardo all’attuale devastazione socio-ambientale, alle morti per fame e per malattie curabili, è più eloquente di mille trattati di economia): essa va restituita all’uomo nelle sue organizzazioni sociali, politiche ed anche economiche. Infine, va riscoperta la possibilità e la potenza della parola “insieme”, che la coazione a competere su ogni fronte ha reso ingiustamente insignificante e inutilizzabile.
È in questo crogiolo rovente delle emergenze dell’umanità, e non in un laboratorio filosofico “intellettualmente asettico”, che la proposta del docente può essere esercitata con la giusta pressione: bisogna comprendere fino in fondo che l’opulenza materiale, ancorché desiderabile in epoche precedenti alla nostra (quando l’“uscità dalla povertà” era una priorità assoluta) ha oggi esaurito la sua missione, denunciando al contempo l’enorme prezzo umano che il cosiddetto progresso comporta.
Bisogna riscrivere il nostro vocabolario mentale, sostituendo i termini del dio denaro con quelli del dono divino: passando da profitto, capitali, plusvalenze, rendite, investimenti, PIL... a prossimità fra gli uomini, fiducia, orientamento al bene, gratuità, libertà, responsabilità, fedeltà. Mancini non propone in definitiva una nuova scelta di stile, ma un rovesciamento completo del nostro modo di pensare: passando dalla logica del profitto alla logica del dono. Se crediamo che sia possibile, il primo passo è già compiuto.
(«l'Altrapagina», giugno 2011)
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