Tante volte abbiamo detto o sentito dire che il parcheggiatore abusivo, in fin dei conti, non è altro che uno sfaccendato che importuna i passanti in prossimità dei parcheggi invece che altrove. In certi casi è così: capita di riconoscere nell’ultimo parcheggiatore abusivo la persona che fino alla settimana scorsa chiedeva l’elemosina in una stradina del centro. Del resto, la cronaca ci mostra ambulanti all’opera - come “seconda attività”, all’arrivo di un’auto - nel ruolo di parcheggiatori (capita in tutta Italia, a Varese come ad Alba).
Se ne sentono tante, in ogni dove. A Pomigliano d’Arco i parcheggiatori abusivi chiedono soldi addirittura
ai residenti. A Siracusa un parcheggiatore abusivo impedisce il parcheggio a degli automobilisti: «andate via, non siete miei clienti». A Salerno si paga il parcheggiatore anche se si sosta nelle strisce blu.
A Taranto un parcheggiatore abusivo uccide un vecchio di 84 anni che si rifiuta di pagargli il pizzo. Continuiamo a pensare che non sia una cosa così grave?
A Napoli, nel piazzale dell’ospedale Monaldi, nel parcheggio pubblico a pagamento, dal costo di 1 euro, mi si avvicina un parcheggiatore abusivo e mi fa: “capo, sono 2 euro”. Gli faccio osservare che il grattino costa 1 euro. “Eh”, mi dice lui come se - finalmente - ci fossi arrivato anch’io. “Un euro per il grattino e un euro per me”.
Non sempre però le cose sono così amene. Capita (il 16 febbraio) che un parcheggiatore abusivo entri in un ristorante di Pozzuoli e dia in escandescenza, rompendo stoviglie, minacciando il personale e affrontando la polizia con un coltello a serramanico (con il quale ferisce un agente). Poi capita che a Roma, lo stesso giorno, tre parcheggiatori abusivi minaccino un automobilista: «dalla macchina non scendi se prima non ci dai i soldi». Finché non capita che a Taranto, un fioraio di 84 anni muoia in ospedale due mesi dopo essere stato picchiato da un parcheggiatore abusivo al quale si era rifiutato di pagare la somma pretesa per far sostare la propria autovettura all’ingresso del cimitero San Brunone.
Pietà per quel povero vecchio e per il suo assassino, certo. Noi qui non facciamo della filosofia morale. Non giudichiamo nessuno. Non ignoriamo - né snobbiamo - le difficoltà di chi è in difficoltà. Ma il parcheggiatore abusivo non chiede, pretende; non usa la tenerezza, ma la violenza; non chiede l’elemosina, estorce. E non è un caso: l’attività del parcheggiatore abusivo è collegata alla criminalità organizzata e ne eredita modi ed esiti. Lo sappiamo da anni, forse da sempre; “Repubblica” lo ha denunciato recentemente, a Torino si parla di “bande” e di “racket” del parcheggio abusivo. E questo fa sì che l’attività sia in sé malsana; che venga affidata quasi sempre a persone di un certo tipo; e che dia i frutti che osserviamo. Il problema, in definitiva, non è se questo o quel parcheggiatore abusivo sia effettivamente una brava persona; il problema è che - una volta tollerata un’attività abusiva che si presta a un’esercizio violento sul territorio - poi se ne pagano le conseguenze. Togliamoci dunque dalla faccia quel sorrisino di condiscendenza, da coloro che l’euro se lo possono permettere. Smettiamola di pensare “ma tanto...”. E telefoniamo ai vigili. Almeno noi, che siamo ancora vivi.
(«Il Caffè», 15 aprile 2011)