sabato 2 aprile 2011

La piaga del nucleare/10


Dopo le tragiche vicende nucleari in Giappone, ho sentito molti esponenti del governo affermare in coro che in materia di nucleare “bisogna lasciarsi guidare dalla razionalità e non dall’emotività”. Questo mi ha molto colpito: perché, vedete, io detesto questo governo. Però, quando hanno ragione, hanno ragione.
E allora voglio fare mia questa posizione: ebbene, che sia la razionalità a guidarci in tema di nucleare in Italia, non l’emotività. A cominciare dai costi (cosa c’è di più razionale, oggi, dell’economia?): considerati anche i costi degli incidenti di Fukushima - tra operazioni di spegnimento e soccorso, demolizione e bonifica, eventuale ricostruzione, spese sanitarie per la popolazione, ecc. - quanto è costato il cosiddetto kilowattora nucleare ai giapponesi?
È costato più o meno del termoelettrico tradizionale? È un calcolo da fare: questi incidenti possono accadere a qualsiasi impianto nucleare, anche a quelli che si pianificano per l’Italia. Meglio mettere in conto queste spese e valutare razionalmente i costi reali.
Siamo razionali. L’Italia è il Paese delle cricche e delle mafie. Le prime realizzano con materiali scadenti e in barba ad ogni norma esistente costruzioni che cadono al primo colpo (vedasi: Ospedale de L’Aquila). Le seconde interrano rifiuti tossici e letali in ogni buco del nostro territorio, in particolare - ma non solo - quello campano. Razionalmente, dico: vi sembra una buona idea costruire centrali nucleari tanto rischiose e i cui rifiuti siano tanto a rischio? La mafia e la cricca non devono essere un alibi per l’immobilismo. Ma nemmeno si può dire che non esistano o che siano irrilevanti. Soprattutto dinanzi a un problema di questa delicatezza, come il nucleare.
La razionalità si basa sulla verità, sulla conoscenza, sui dati di fatto. E come si possono fare scelte razionali, valutare opzioni, quando ancora oggi esistono agenzie internazionali (come l’AIEA - Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) in grado di vietare la pubblicazione dei dati sanitari perfino all’Organizzazione Mondiale della Sanità? I dati radiologici su ciò che sta accadendo in Giappone vengono oggi raccolti dalla organizzazione internazionale civile Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization (Ctbto). Alla quale è fatto assoluto divieto di pubblicare i dati ottenuti dai rilievi: noi non dobbiamo sapere cosa veramente sta sucedendo in Giappone, così come a Chernobyl, a Three Miles Island e così via. Vi sembra razionale tutto ciò? Possiamo davvero fare una scelta pro o contro il nucleare, senza sapere a cosa andiamo incontro?
Mi hanno molto sorpreso i telegiornali dedicati al Giappone. Pensavo a L’Aquila. Terremoto lì, terremoto qui. Ma a L’Aquila non si vedevano che macerie, superstiti, accampamenti. A Fukushima non abbiamo visto invece che centrali, reattori, diagrammi tecnici. Il nucleare ha catturato tutta l’attenzione, fagocitando perfino la disastrosità intrinseca del terremoto e dello tsunami. Come sarebbe stata L’Aquila se avesse ospitato un impianto nucleare? Non c’è modo di evitare i terremoti. Ma c’è modo di evitare le catastrofi nucleari. Se un briciolo di razionalità c’è ancora rimasta in testa, dovremmo pensarci seriamente.

(«Il Caffè», 1 aprile 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano