Il downshifting è la tendenza a vivere guadagnando, consumando, lavorando meno di prima. In senso letterale, il termine inglese significa “slittare verso il basso”, ma chi lo pratica non lo concepisce come un modo di accontentarsi: infatti non è la rassegnazione a spingere alcuni a vivere con la metà dello stipendio che guadagnavano in precedenza, ma il desiderio di godere di un maggior tempo libero, di svolgere un lavoro più piacevole o meno stressante, di vivere insomma una vita più intensa e adeguata alle proprie inclinazioni personali.
Per qualcuno, dunque, il downshifting è una scelta di vita deliberata e consapevole. Per Simone Perotti - autore del recentissimo Avanti tutta (ed. Chiarelettere, 2011) - si tratta invece di qualcosa in più, di una “rivolta individuale” (di cui il libro è il manifesto). Contro “la follia delle aziende e l’inerzia dei lavoratori”, motori
del sistema produttivo insostenibile che sta portando il mondo sull’orlo della catastrofe ecologica,
La crisi mondiale delinea i contorni di un mondo a rovescio. La soluzione non è all’interno di questo sistema, ma al di fuori.
S. Perotti, Avanti tutta, ed. Chiarelettere
Perotti sostiene che non c’è altro da fare che rifiutare di far parte dell’ingranaggio consumistico e provare a impostare la propria vita in maniera più sostenibile:
mi pare evidente che la crisi mondiale delinea i contorni di un mondo a rovescio. La soluzione non è all’interno di questo sistema, ma al di fuori. La risposta più vicina e percorribile siamo noi, ora, subito, e il cambiamento a cui potremmo dedicarci è alla nostra portata, produce effetti rapidi e adeguati ai bisogni reali. Soprattutto, l’alternativa non c’è.Perotti, downshifter “praticante” da molti anni e autore di diversi libri sull’argomento, ha affrontato le obiezioni di migliaia di lettori scettici, e nel libro risponde alle perplessità degli impauriti, degli attanagaliati dalle responsabilità verso il coniuge o i figli, di quelli che muovono critiche politiche e perfino morali. La conclusione è che il downshifting è per tutti, ma che non tutti sono in grado di farcela da soli; perciò, nell’ultima parte del libro, l’autore auspica la creazione di agenzie di “scollocamento”, che possano aiutare le persone nel loro percorso di uscita dal meccanismo produttivo attuale.
In definitiva, per Perotti, non è semplicemente una questione di organizzazione dei propri soldi e del proprio tempo. La questione è che abbiamo una vita sola e dobbiamo pretendere da noi stessi di viverla nella maniera migliore, senza rassegnarci a buttare via gli anni migliori in un lavoro che ci avvilisce o ci sfianca:
bisogna dare senso al nostro tempo non solo perché è poco, ma per un’etica della vita che abbiamo perduto. Che il mondo finisca oppure no, oggi noi siamo qui, e la cosa grave non sarà scomparire, ma non essere mai stati.Si tratta da ultimo di rifiutare il ricatto del capitalismo, per il quale è possibile essere felici a patto di possedere ciò che si vuole, di volere ciò che la pubblicità propone e di guadagnare abbastanza da poterselo permettere (secondo il triste adagio sarkozyano: “lavorare di più per guadagnare di più”). Si tratta di capire che è possibile essere felici vivendo al livello delle proprie esigenze piuttosto che delle proprie voglie. Non accontentadosi del necessario, ma rifiutando l’insulso e il superfluo. Perotti sostiene che sia necessario, e senza alternative. Ma già sarebbe tanto capire che è possibile.
(«Il Caffè», 14 marzo 2011)