lunedì 10 gennaio 2011
Politica e globalizzazione. La laicità del cristiano
La politica è il tema centrale della riflessione di Roberto Mancini, docente di Filosofia Teoretica all’Università di Macerata. Più propriamente, il tema è l’impegno politico, inteso come impegno in politica, ma anche e soprattutto come atteggiamento quotidiano nei confronti del bene comune.
Non solo gli iscritti al partito sono infatti chiamati, secondo Mancini, alla cura di ciò che è della comunità, dalle istituzioni ai beni, agli spazi, agli atteggiamenti pubblici. Ogni uomo è chiamato a dare il proprio contributo al benessere di tutti; ogni uomo è tenuto a rispondere a questa chiamata, che viene da Dio - per i cristiani - ma anche semplicemente dall’altro uomo - per i laici. È questa la politica “altra” di cui il professore parla nel suo recentissimo Per un’altra politica (ed. Cittadella, 2010); una politica che non sia finalizzata all’accrescimento di sé tramite lo sfruttamento dell’altro, ma al contrario aspiri a trattare l’altro come se stesso, nell’opera comune di fare di questo mondo una casa in grado di accogliere tutti gli uomini, e di tutti gli uomini una sola famiglia. Compito titanico ma non utopico, se è vero che anche la politica più perversa può essere riconvertita a favore dell’uomo, a partire da un risveglio collettivo, sulla via della giustizia e della nonviolenza (con particolare riferimento al pensiero di Danilo Dolci e di Aldo Capitini).
Una sfida ineludibile per i cristiani, ma non di meno per i laici, come si diceva. Tanto più che per Mancini la laicità non è semplicemente la condizione di chi non è chierico, ma un approccio alle cose basato sul reciproco riconoscimento (e rispetto, indipendentemente dalle divergenze teoriche) e improntato, appunto, al bene comune. Ne parla dettagliatamente in La laicità come metodo (ed. Cittadella, 2009), nel quale propone il superamento delle tradizionali contrapposizioni del tipo credente/non credente - utili a null’altro che ad alimentare pregiudizi, rivalità e recriminazioni - e l’utilizzo più ampio e disinvolto del dialogo, finalizzato a rendere la laicità uno strumento di unione anziché di divisione (come è spesso inteso e usato oggi).
Più specificamente rivolto ai cristiani è invece L’umanità come promessa (ed. Qiqajon, 2010), il cui sottotitolo recita Vivere il cristianesimo nell’età della globalizzazione, e che si apre con un’introduzione dal titolo “Fare la propria parte”. Qui è evidente quanto la prassi spicchi nel discorso di Mancini: il cristiano non può vivere oggi rinchiudendosi nella convinzione che sia sufficiente “salvarsi l’anima” (qualunque sia il significato attribuibile all’espressione). Il cristiano è chiamato, come tutti, all’impegno nel mondo: che non è lo stesso degli Apostoli, né quello di Agostino o di Tommaso. Vivere oggi significa rendere attuale la propria fede nell’esperienza concreta di questo mondo, che è quello della società ridotta a mercato, dello scontro planetario tra le religioni, della manipolazione dell’informazione e del consenso. Questo libro ricorda in particolare al cristiano che la speranza nel futuro si basa sulla costruzione della giustizia nel presente. La parusia segue la kenosis. Teoria e prassi non sono separate. L’avvenire dell’umanità comincia oggi.
(«l'Altrapagina», dicembre 2010)
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