A un secolo di distanza dalla fondazione della meccanica quantistica (MQ), si sente ancora il bisogno di chiarirne i fondamenti metafisici, di svolgerne le implicazioni filosofiche, di mostrare il modo e la misura in cui l’intera nostra concezione della realtà ne sia stata trasformata. A questo scopo si rivolge il libro di Niccolò Argentieri, Ci sono elettroni nel mondo-della-vita? (ed. Bonanno, 2009), che si propone - come recita il sottotitolo - una “lettura fenomenologica dell’epistemologia di Werner Heisenberg”.
A partire dalla fenomenologia di Husserl, cui l’autore dedica due dei quattro capitoli del libro (gli altri due sono dedicati a Heisenberg), ritenuta
strumento principe per affrontare una discussione epistemologica sui temi del soggetto, dell’oggetto, della coscienza - che la MQ ha messo in crisi molto più profondamente di ogni altra teoria fisica.
Argentieri si esprime con uno stile scorrevole (per quanto possibile nella trattazione di una tale materia) e coinvolgente; parla con padronanza e in una sequenza logica ben argomentata, che rispecchia la solidità della bibliografia finale, ricca di riferimenti a testi di filosofia, scienza, matematica anche in lingua inglese, francese, tedesca. Ne risulta una lettura interessante e piacevole, anche quando non si è d’accordo con la tesi dell’autore (è il caso dell’affermazione “quella del senso è una questione extrascientifica”, con la quale non concordo: poiché “la scienza” non esiste, ma esistono gli scienziati, con le loro ricerche e i loro risultati, ne segue che ogni esperimento, mezzo, teoria, è carico del senso, della moralità, delle propensioni dei singoli studiosi; la scienza è pervasa di soggettività e di ricerca del senso perché ne sono pervasi gli scienziati - in quanto uomini. Ma la questione meriterebbe ben altro approfondimento).
La tesi fondamentale dell’autore è riassunta nella risposta alla domanda del titolo: ci sono elettroni nel mondo-della-vita? Ovvero: quegli oggetti d’esperienza cui accediamo tramite esperimenti preparati e realizzati grazie alla peculiare matematica utilizzata in MQ... esistono davvero? O non diamo forse noi questo nome alla razionalizzazione di un’esperienza altrimenti frammentaria, cui sentiamo l’esigenza di associare una “sostanza” anche quando questa operazione appare impossibile?
La posizione di Argentieri è antisostanzialista, come quella di Copenaghen (cioè, in pratica, di Heisenberg e di Bohr): gli elettroni (in generale, le “particelle”) non sono cose (sostanze, oggetti) come quelle che nell’esperienza quotidiana e nella fisica classica chiamiamo “corpi”, bensì «nuclei di stabilità concettuale individuati mediante la rielaborazione matematica coerente di un insieme di realtà fenomeniche». Il carattere di sostanza dell’elettrone - continua l’autore - «deriva soltanto dalla necessità di pensare il correlato ontologico di un simbolo matematico che sorge nel momento in cui l’esperienza manifesta regolarità sufficienti al costituirsi di una propria “narrazione” coerente».
Affermazione suffragata dalla considerazione conclusiva. Un giorno, una nuova teoria fisica potrebe rendere datata e inconsistente la nostra attuale nozione di “elettrone”; a quel punto ci diverrebbe impossibile farne di nuovo esperienza. Insomma, la fisica non è “la” visione del mondo, ma “una” (per di più incompleta) delle narrazioni possibili:
la scienza non può accogliere ed esaurire in sé il problema della propria legittimazione perché ogni sapere positivo trova il proprio orizzonte di senso nell’implicito legame con una totalità che lo trascende e ne relativizza il significato conoscitivo.Monito a quelle teorie fisiche “unificate”, “del tutto” o “del quasi tutto” tanto popolari; e a ogni filosofia prona nel misero ruolo di ancilla scientiae. Ma, soprattutto, questo libro è un invito ad approfondire una visione del mondo - quella della MQ - che a tutt’oggi abbiamo appena cominciato a scoprire.
(«il Recensore.com», 19 gennaio 2011)