martedì 9 novembre 2010

La piaga del nucleare/8


Così lo scorso 27 ottobre Chicco Testa, ex Presidente nazionale di Legambiente (da deputato del PCI, negli anni ‘80), datosi anima e corpo alla causa
dello sviluppo dell’energia nucleare (da imprenditore, oggi).
Belle parole, non c’è che dire. Peccato che non siano nient’altro che questo: parole. Perché purtroppo, quando si ha a che fare col nucleare, falsità e reticenza sono la regola; altro che chiarezza e diffusione della comunicazione. Diamo un’occhiata.

Perché tutto ciò che accade intorno al nucleare è sempre avvolto nel segreto, nella reticenza, nella frammentarietà, nella menzogna?

A Mosca, ad esempio, esistono vere e proprie “discariche nucleari”: burroni in cui - negli anni ‘50 - le scorie radioattive venivano allegramente sversate. Oggi, l’aspettativa di vita di un moscovita è di 5 anni (leggasi “cinque anni”) inferiore alla media. Le autorità, di fronte alle 503 discariche (quelle note al momento, ma c’è motivo di credere che ve ne siano ben altre), stanno dando il via alle operazioni di bonifica. Senza una mappa precisa, senza un’idea chiara delle quantità da trattare (qualcuno parla di 60.000 metri cubi, altri di 800.000), senza alcuna trasparenza nel procedimento. Semplicemente, si limitano a dichiarare che è “tutto ok”.
In Egitto, a marzo 2010, si è verificato un incidente a un reattore nucleare sperimentale. Il mondo lo ha saputo solo a settembre (cioè 6 mesi dopo). Perché tutta questa attesa? Ma, soprattutto: possiamo fidarci di chi oggi ci dice che non vi sono perdite radioattive, o ci ritroveremo fra 6 mesi (o 6 anni, o 6 secoli) a scoprire che invece le perdite ci sono state, ma la politica ha deciso di non comunicarcelo (magari “per il nostro bene”)?
In Francia, un gruppo di ricercatori ha scoperto che nell’acqua di rubinetto vi è un tasso anormale (e pericoloso per la salute) di trizio radioattivo. Come nel caso moscovita, le autorità non hanno fatto altro che dire “non preoccupatevi, è tutto come prima, l’acqua di rubinetto può essere bevuta”. Ancora in Francia - da noi spesso additata come sempio di “nucleare di successo” - il giudice ha rifiutato a degli esperti facentine richiesta (sulla base del diritto dei cittadini ad essere informati) l’accesso ai dati più recenti sulle irradiazioni aeree, dati in possesso dell’Agenzia francese per la sicurezza nucleare. I cittadini francesi non possono in alcun modo sapere cosa respirano. E l’Agenzia - che è un ente pubblico, si badi - non è obbligata a pubblicare i dati di cui è in possesso.
Ebbene. Non voglio mettere in discussione le procedure che i francesi, gli egiziani, i russi hanno scelto per le loro istituzioni. La nostra domanda è molto semplice: perché tutto questo segreto? Perché tutta questa approssimazione (se non addirittura menzogna), nel dire che è “tutto a posto” quando proprio nulla lo è?
A Sessa Aurunca, presso la centrale del Garigliano (con i tempi che corrono, non riesco più nemmeno a chiamarla “ex-centrale”), sono cominciati i lavori per la realizzazione del deposito parziale di scorie. Da quel luogo ci arrivano poche e frammentarie notizie. Ad ogni modo, prima o poi, le notizie arrivano. Il problema è: ce ne potremo fidare?

(«Il Caffè», 5 novembre 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano