Per capire se il nucleare può davvero portare un risparmio ai consumatori, sarebbe necessario capire innanzitutto quali sono i costi di realizzazione degli impianti. Quanto costa una centrale atomica oggi?
Il fatto è che nessuno lo sa. La domanda iniziale se l’è fatta anche Luca Iezzi, autore del volume Nucleare? Sì, grazie (ed. Castelvecchi, 2009) nel suo blog “Inchiesta nucleare” (in un post dal significativo titolo “Sempre più in alto...”). E risponde: - la centrale bulgara di Belene, della quale non è ancora stato posato un solo mattone, inizialmente stimata intorno ai 4 miliardi di euro, costa già oggi oltre i 9 miliardi, tanto che il ministro bulgaro dell’Economia Traicho Traikov ha deciso di lasciar perdere; - il ministro dell’energia britannico ha rivisto al rialzo le stime nazionali, portando il costo degli impianti inglesi a 6 miliardi di sterline (oltre 7 miliardi di euro). Per fermarsi a soli due esempi. Iezzi non può certo essere sospettato di propaganda antinucleare. I dati sono chiari, indipendentemente dalla provenienza: il reattore EPR di Flamanville verrà consegnato con 2 anni di ritardo e con un costo maggiorato del 50% (tralasciando qui i problemi di sicurezza di questo tipo di reattore, già evidenziati dalla ASN, l’Agenzia francese per la Sicurezza Nucleare).
Simile la situazione ad Olkiluoto, in Finlandia, dove un medesimo cantiere per la costruzione di un reattore EPR da parte della francese AREVA è arenato a tempo indeterminato (mentre i costi continuano a lievitare e non si riesce a stabilire chi debba accollarsi il sovraccosto, se i francesi o i finlandesi). Purtroppo l’EPR è proprio il modello che il governo italiano intende costruire proprio qui, da noi, in Italia. Circa il quale è ancora Iezzi a segnalare che, secondo l’ultimo rapporto sulla politica nucleare commissionato dal governo francese, il reattore EPR risulterebbe “costoso e complesso”. Un eufemismo per un reattore che rappresenta il prodotto di punta di una delle più importanti imprese nucleari del mondo (l’AREVA, appunto) e che, nel momento in cui scrivo, non ha mai visto la luce sulla Terra (rimanendo fermo allo stato di progetto o di cantiere).
In definitiva il rapporto conclude che sarebbe opportuno lasciar perdere del tutto il reattore EPR e progettare un reattore di taglia inferiore. Eppure non è il peggio. Il peggio è infatti che il sottosegretario Stefano Saglia ha affermato lo scorso 27 agosto - con il nobile intento di "impedire che i costi non riconducibili a inadempienze delle imprese si scarichino sulle imprese" - si appresta a “blindare” il ritorno del nucleare in Italia: i costi prima menzionati, ove ci fossero, che so io, un referendum abrogativo della legge, una occupazione nonviolenta dei cantieri, ecc., verrebbero scaricati sui cittadini. Ecco il parere di Greenpeace Italia:
le dichiarazioni di ieri, a Rimini, del sottosegretario Stefano Saglia smascherano definitivamente i trucchi del Governo sul nucleare. Significa che il governo Berlusconi non solo ha intenzione di decidere la costruzione di nuove centrali nonostante il parere contrario delle Regioni e della popolazione, ma vuole anche "blindare" questa scelta per il futuro, pur di regalare soldi ai suoi amici. Insomma, il nucleare, comunque vada, lo pagheranno in bolletta gli italiani. Queste bollette, salate a causa della follia nuclearista del governo, Greenpeace le ha già preparate e distribuite ai cittadini italiani. E che i costi saranno stellari è sicuro, perché il reattore francese Epr, decantato come la terza generazione del nucleare, è in realtà un prototipo del quale non è chiaro nemmeno il progetto: addirittura, i ritardi nei due cantieri esistenti (nessun Epr è mai entrato in funzione a oggi) hanno affossato i bilanci di Areva (l’impresa produttrice) e costretto Edf (l’Enel francese) a chiedere un aumento delle bollette. Puntualmente ottenuto.Potremmo esseri gli unici al mondo a pagare il nucleare in bolletta senza averne mai prodotto neanche un kilowattora. Adesso scusatemi ma devo chiudere la connessione. Sto risparmiando per potermi permettere la prossima bolletta nucleare.
(«AgoraVox», 3 settembre 2010)