sabato 18 settembre 2010
Invito al pensiero di Ivan Illich/10. Un albero carico di frutti
L’importanza di un autore non si deduce in primo luogo dalla profondità delle cose che scrive, né dalla fama che riesce a raggiungere: ciò che mostra la pregnanza di un pensatore è la qualità di ciò che riesce a germogliare dal suo pensiero. Per dirla evangelicamente: è dai frutti che si riconosce l’albero.
Ivan Illich è stato, anche in questo senso, un grande pensatore. E non solo perché ha avuto epigoni del calibro di Serge Latouche, Wolfgang Sachs o Majid Rahnema; ma soprattutto perché non cessano di fiorire gruppi e iniziative che mostrano quanto sia grande oggi la sete del pensiero del sociologo austriaco, in grado di offrire soluzioni a problemi urgenti come quelli della tecnologia e dell’energia in particolare, e capace di portare una ventata di aria fresca e di lucidità dietro la patina dell’apparente complessità di certe cose.
Uno di questi gruppi è il Granchio di Kuchenbuch, dedito alle letture illichiane, il cui nome si rifà al granchio di cui parla lo storico Ludolf Kuchenbuch, il quale avanza sia linearmente sia lateralmente ed è simbolo di una coscienza non omologata in grado di esplorare prospettive inedite. Il Granchio di Kuchenbuch ha curato il volume Il cosmo infelice. Dialoghi per una scienza consapevole (ed. l’Altrapagina, 2009), dedicato a Ivan Illich, con la partecipazione di una ventina di autori tra i quali Rahnema, Achille Rossi, Rodrigo Rivas. Il tema del libro (e in sostanza, anche le conclusioni), ricapitolato dal titolo, è l’impatto della scienza sulla nostra società. La scienza è davvero necessitata a fare qualsiasi cosa, per il solo fatto che detta cosa sia possibile? La scienza può davvero risolvere tramite la tecnologia tutti i problemi che ci affliggono? Dobbiamo davvero - come si espresse un paio d’anni fa un fisico italiano - attendere “che la nostra salvezza venga dalla scienza”? Queste alcune delle domande affrontate, nell’ambito delle questioni inerenti al capitalismo, alle bio- e nano-tecnologie, agli agrocarburanti, all’energia nucleare. Il libro spiega da diversi punti di vista quanto la miscela capitalismo/tecnoscienza sia insostenibile e inadeguata al nostro mondo e quanto si debba prendere congedo (per usare l’espressione di Rossi) non solo dalla scienza, ma anche e soprattutto dallo scientismo, quella angusta ideologia che divinizza la scienza fino a credere (e a far credere al mondo intero) che non esistano alternative.
Ma non c’è nulla di più falso. Alternative ce ne sono, eccome. Soprattutto - questa è la grande lezione di Illich - ci sono molti meno problemi di quelli che siamo solitamente portati a credere, per inerzia mentale o per propaganda. Potremmo vivere bene e forse meglio con molta meno energia di quella che abbiamo oggi a disposizione; eppure il ritorno al nucleare viene giustificato con il bisogno di energia. Insomma, ci dice Illich: possiamo pensare un mondo migliore, possiamo sperare, possiamo aspirare alla sua realizzazione.
(«l'Altrapagina», settembre 2010)
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