domenica 19 settembre 2010

I. Sales, I preti e i mafiosi, ed. Baldini Castoldi Dalai, 2010

Accuse forti senza eufemismi di Isaia Sales in “I preti e i mafiosi” (Baldini Castoldi Dalai, 2010). La Chiesa cattolica ha fornito un grosso, insostituibile appoggio dottrinale alle mafie nel Sud Italia degli ultimi due secoli.
Al di là di ogni collaborazione diretta (che pur, in qualche caso, non è mancata).
“Le organizzazioni criminali di tipo mafioso avrebbero potuto ricoprire un ruolo plurisecolare nella storia meridionale e dell’intera nazione se, oltre alla connivenza di settori dello Stato e di parte consistente delle classi dirigenti locali, non avessero beneficiato del silenzio, della indifferenza, della svalutazione e anche del sostegno dottrinale di una teologia che trasforma degli assassini in pecorelle smarrite da recuperare piuttosto che da emarginare dalla Chiesa e dalla società?” si domanda il professore. Per concludere, subito dopo: “la risposta è no”. 
Paradosso di una organizzazione religiosa che è per suo stesso “statuto” radicalmente antiviolenta, ma che si presta ad una legittimazione teorica - diretta o indiretta - della violenza, in specie organizzata. Paradosso che - al cuore di una società, quella italiana, che la Chiesa “ce l’ha in casa” - non riguarda solo gli storici e i moralisti. Riguarda tutti.
Il dato di fatto innegabile e punto di partenza dell’indagine è che per più di un secolo e mezzo i mafiosi sono stati accettati come uomini credenti e devoti: ciò non può essere esclusivo merito loro. E del resto le prime condanne ufficiali della mafia da parte della Chiesa sono recentissime (tra le quali spicca quella di mons. Mariano Crociata, segretario generale della CEI, che risale all’anno scorso).
Ma c’è di più: la Chiesa sarebbe responsabile non solo ideologica, ma anche materiale dello sviluppo delle mafie (ancora una volta indirettamente), in quanto parte delle classi dirigenti meridionali coinvolte nella proprietà e nel controllo della terra (questione centrale per la mafia siciliana),oltre che come portatrice di una “teologia morale (severissimi con il peccato, indulgenti con il peccatore), che ha permesso a degli assassini di sentirsi quasi dei privilegiati, essendo pecorelle da recuperare”. C’è qualcosa di strano nella teologia morale del cattollicesimo se ancora oggi - come racconta l’autore - un uomo come don Ciotti (presidente dell’associazione antimafia “Libera”) si trova quotidianamente a trattare con confratelli che ritengono i pentiti di legge “degli infami”.
Un gran brutto affare che il professore affronta in maniera ampiamente documentata e scevra da sensazionalismi. Perché l’intento dell’opera non è puntare il dito contro (esercizio tanto facile e alla moda quanto sterile ed effimero), bensì evidenziare quanto sia urgente il compito di rivedere l’attuale mentalità religiosa e sociale, che ha permesso alle mafie - al di là delle intenzioni - di diventare quello che sono. La Chiesa, sottolinea Sales, è “una delle principali agenzie educative di massa”. Sarà pur vero che la “gente del Sud” è tradizionalmente omertosa; ma è anche vero che essa non è insensibile agli stimoli dell’educazione, soprattutto se fatta con gesti eloquenti (come quello, proposto dal docente, di negare la comunione ai mafiosi, come già si fa per i ben più miti e innocui divorziati).
I preti e i mafiosi è in ultima analisi un libro dalle cui tesi si può anche - qua e là o del tutto - dissentire; ma i cui spunti andrebbero approfonditi e trattati co la massima serietà. Una lettura interessante e istruttiva. Purtroppo.

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano