sabato 23 gennaio 2010

C. Valentini, Vivere di rendita, ed. IntraMoenia, 2009

Desiderare di vivere di rendita è un’aspirazione moralmente censurabile o un antidoto alla moderna ansia di accumulazione indefinita? Un sogno da debosciati, o un progetto di vita in sobrietà ricco di tempo libero? Da queste domande di fondo parte il saggio di Cesare Valentini, Vivere di rendita (Intra Moenia, 2009); il quale non ha scritto da teorico della materia, bensì da “sperimentatore” e da “testimone”.
Da molti anni infatti viveva con la famiglia lontano dalla città, in una condizione (a metà tra il prepensionamento e il lavoro part-time come consulente) che egli definì di “pensulenza”.
Non ci si lasci trarre in inganno. Questo non è un libro ingenuo di motivazione psicologica per chi ha voglia di liberarsi dalle catene della routine; al contrario, è un libro che riporta continuamente con i piedi per terra, in direzione di una valutazione corretta e disincantata delle proprie possibilità finanziarie concrete. È un libro che insegna a definire obiettivi, pianificare strategie, mettere in atto tecniche e risolvere problemi. Vengono passati in rassegna dati provenienti da fonti diverse, esperienze (e fallimenti) altrui, blog, forum e siti in internet, una cospicua bibliografia; ne vien fuori un messaggio chiaro ed onesto: se proprio desideri vivere di rendita e non sei straricco di famiglia, allora non ti resta che “fare i conti, ridefinire il tuo stile di vita e pianificare il tuo comportamento futuro”.
È un libro che insegna – senza pose pedagogiche o moralistiche – a vivere nell’ambito delle proprie possibilità reali, ma anche a sfruttare queste possibilità al meglio onde ricavarne il massimo beneficio in termini di tempo libero e di benessere generale. Ma non è tutta – va da sé – una questione di volontà e di sapienza nell’organizzazione: Valentini ha presupposto implicitamente anche una certa capacità di accontentarsi (come quando ad esempio parla della possibilità di andare in vacanza presso la casa di proprietà dei genitori… nei periodi in cui non ci vanno loro).
In definitiva l’autore ha cercato di proporre uno stile di vita libero dagli status symbol e dalle cose che bisogna possedere a tutti i costi per non essere considerati “out”; un modo di vivere “al di sotto dei propri mezzi” che non ha di mira il sarkozyano “lavorare di più per guadagnare di più” ma – ben cosciente della legge dell’utilità marginale applicata al reddito individuale, per la quale
il reddito è positivamente correlato alla felicità percepita, ma diventa un fattore trascurabile una volta superato il reddito mediano
si indirizza alla qualità della vita (felicità) piuttosto che alla quantità (ricchezza materiale).
Voler vivere di rendita non è dunque un desiderio di ozio fine a se stesso, ma un modo (non certo l’unico) di avere a cuore il ben-essere proprio e dei propri cari. Ciò può voler dire rinunciare volontariamente a una certa quota di stipendio (il cosiddetto downshifting), o prendere in considerazione l’idea di andare a vivere in uno dei tanti retirement heavens (aree residenziali all’estero dove è possibile vivere bene con 800 euro al mese). Con la consapevolezza che non tutti i momenti sono propizi per cominciare a vivere di rendita; che anzi ce ne sono alcuni del tutto sconsigliati. Ma sapendo che aspirare a vivere di rendita, oggi, è davvero possibile.

(«il Recensore.com», 22 gennaio 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano