venerdì 8 gennaio 2010

N. Chomsky, Il governo del futuro, ed. M. Tropea, 2009


La tesi esposta da Noam Chomsky in questo agile ma pregnante volume, Il governo del futuro (ed. Marco Tropea, 2009), è dirompente: le idee del socialismo libertario (filone che abbraccia dalla sinistra marxista all’anarchia) sono l’unica e naturale propaggine, nella nostra società industriale, di quelle del liberalismo classico.
Il libro – basato sulla conferenza tenuta dall’autore al Poetry Centre di New York il 16 febbraio 1970, prende in esame quattro posizioni teoriche: il liberalismo classico (cioè quella dottrina sociale che si fonda essenzialmente sull’opposizione a tutte le forme di intervento statale nella vita collettiva e individuale, ad eccezione di quelle minime inevitabili); il socialismo libertario (cioè in buona sostanza l’anarchia, quella forma di governo immaginata da Marx ed Engels come ideale-limite cui tendere, in cui sparisce ogni mediazione e rappresentanza politica e ogni individuo o gruppo tutela direttamente da sé i propri interessi sul piano collettivo); il socialismo di stato (o bolscevismo); infine, il capitalismo di stato (del quale sono esempi eloquenti e attuali tanto il regime cinese quanto quello statunitense).
Il ragionamento del politologo americano parte dalla considerazione che il liberalismo classico è una teoria che affonda le radici nel romanticismo tedesco e pone al centro di tutto l’individuo, nella sua autonomia, nella sua iniziativa e nella sua facoltà di meritare il meglio tramite l’impiego della propria volontà. Il mito originario è quello del “self-made man”, dell’uomo che riesce a edificare se stesso in conformità alle proprie aspirazioni. Ebbene, l’odierno capitalismo industriale non è affatto l’erede legittimo di questa concezione, ma una sua radicale negazione: si pensi ad esempio alla grande instabilità che caratterizza quest’epoca, nella quale si assiste a licenziamenti di massa di persone volenterose e qualificate; nella quale l’iniziativa economica del singolo è esposta agli andamenti capricciosi dei mercati finanziari e le botteghe vengono schiacciate dalla concorrenza sleale (ancorché legale) dei supermercati; in cui gli stessi governi sono sottoposti di fatto all’influenza delle grandi corporation transazionali (che spesso sono dotate di bilanci superiori a quelli di interi stati nazionali).
Agli antipodi dunque del liberalismo classico, questa forma di economia-stato denominata capitalismo industriale ha in disprezzo l’individuo in quanto tale (ma non in quanto consumatore di massa) e non gli permette di avere il benché minimo controllo sulla propria vita: “potrò mantenere il posto di lavoro per i prossimi tre mesi?” o “potrò avere una casa e una famiglia?” sono domande che restano inevase (esse e solo esse, sì, a tempo indeterminato).
Dal canto suo il socialismo di stato, con la illibertà tipica del suo dichiarato autoritarismo, non è sensibile alle esigenze del singolo più di quanto lo sia il suo omologo capitalistico (nel quale – si potrebbe dire parafrasando Mark Twain – esistono tre cose indicibilmente preziose: la libertà di parola, la libertà di coscienza e l’accortezza di non praticarle mai). Solo l’anarchia può farsi carico del sogno liberal-libertario e tradurlo in realtà. Con grande slancio retorico Chomsky chiude il discorso con un invito che è anche una sfida: 
oggi abbiamo a disposizione le risorse tecniche e concrete per soddisfare i bisogni materiali dell’uomo. Non abbiamo ancora perfezionato quelli morali e culturali, cioè le forme democratiche dell’organizzazione sociale, che ci permetterebbero di utilizzare in modo umano e razionale la nostra ricchezza e potenza materiale. Gli ideali del liberalismo classico espressi e sviluppati nella forma del socialismo libertario sono realizzabili. Ma può farlo solo un movimento rivoluzionario radicato in ampi strati della popolazione che miri a eliminare le istituzioni repressive e autoritarie, private o statali. Creare un movimento di questo tipo è la sfida che dobbiamo cogliere se vogliamo sfuggire alla barbarie moderna.

(«il Recensore.com», 8 gennaio 2009)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano