venerdì 27 novembre 2009

M Ghisleni-W. Privitera (a cura di), Sociologie contemporanee, ed. UTET, 2009

Dove sta andando oggi la sociologia? è la domanda cui tentano di rispondere (e ben ci riescono) gli autori di questo volume, Sociologie contemporanee, appena edito dalla UTET. Il libro è diviso in cinque capitoli, ciascuno dei quali è dedicato a uno dei pensatori elencati nel sottotitolo (Ulrick Beck, Pierre Bourdieu, Anthony Giddens, Alain Touraine) ed è chiuso da un’ampia bibliografia ragionata. Scritto in un linguaggio comprensibile anche ai non specialisti, che sa coniugare le esigenze del rigore con quelle della chiarezza, esso parte dal presupposto – sintetizzato nel titolo – che non esista una entità denominata “sociologia”, ma che molte e diverse siano le “sociologie”, e che solo avvicinandosi al pensiero dei singoli autori è possibile farsi un’idea adeguata della realtà cui dette sociologie intendono applicarsi.
Si prenda ad esempio il primo capitolo: “Zygmunt Bauman: sociologia critica e impegno etico nell’epoca della globalizzazione”, curato da Carmen Leccardi. Il saggio si apre con la caratterizzazione della sociologia di Bauman, definita «umanistica» e «impegnata»: umanistica perché,
in accordo con gli ideali dell’umanesimo moderno, guarda ai valori umani fondamentali – autonomia, dignità, libertà, giustizia ¬– e alla possibilità della loro espressione senza supporti trascendenti;
impegnata in quanto
rivendica apertamente, per la sociologia, un ruolo politico ed etico insieme, capace di prendere posizione nei confronti della “miseria del mondo” (Bourdieu).
La sociologia non può limitarsi a una mera descrizione fenomenologica dei processi sociali che si svolgono nel mondo contemporaneo; essa deve spingersi a caratterizzare come problemi quelli che limitano la libertà dell’uomo, ne soffocano le aspirazioni, ne pregiudicano la vita felice. Non c’è imparzialità possibile per questa scienza: ogni pretesa di imparzialità non è che la maschera dell’insensibilità nei confronti della condizione umana.
L’autrice si sofferma poi sulla “modernità liquida”, espressione cui Bauman è oggi associato e la cui formulazione vanta antenati non meno illustri di Marx ed Engels, che per primi parlarono, nel Manifesto del Partito Comunista, della “fusione dei corpi solidi”, metafora di quel potere di “dissolvere” tradizioni, istituzioni e finanche la stessa morale, tipico del capitalismo moderno. Dall’impossibilità di individuare dei punti di riferimento stabili per sé, necessari alla costruzione di una propria identità sociale, e dall’ansia che ne consegue, deriva tra le altre cose il “culto del corpo” cui oggi assistiamo (con il moltiplicarsi, ad esempio, di riviste specificamente dedicate all’argomento, che da qualche tempo hanno cominciato a rivolgersi anche al pubblico maschile). In un mondo in cui tutto sembra farsi impalpabile e sfuggevole, il corpo resta una salda base materiale cui affidarsi:
il corpo acquista paradossalmente le sembianze di referente stabile, di realtà indiscussa capace di garantire la continuità nel cambiamento. Il ruolo di rilievo assegnato alla “coltivazione del corpo” nella nostra epoca originerebbe dunque, in primo luogo, dall’ansia generata dalla fragilità dell’intorno sociale e delle basi che esso offre per la definizione dell’identità.
Senza alcuna pretesa di esaustività – anzi rimandando puntualmente all’opera degli autori trattati – il libro permette di gettare uno sguardo critico sul mondo nel quale viviamo, su ciò che lo rende diverso dal passato, sulle destinazioni verso cui tende. O, in certi casi, rischia di tendere.

(«il Recensore.com», 27 novembre 2009)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano