Ermeneutica della religione è l’opera prima di Vikica Vujica, autrice bosniaca di lingua italiana la cui ricerca si muove in ambito teologico e storico-religioso. Appena pubblicato dall’editore Casini nella collana di filosofia «Interpretazioni», diretta da Gianni Vattimo e Santiago Zabala, questo libro è una introduzione alla filosofia della religione di Raimon Panikkar, articolata in tre parti: definizione di “religione” (a partire dalle categorie panikkariane di mito e di logos), mistica come esperienza del “divino” e dialogo interreligioso, in particolare fra induismo e cristianesimo.
Quanto è possibile sottolineare l’uguaglianza tra le religioni? Si tratta di un’ipotesi inaccettabile? Cosa significa o come è possibile definire lo specifico della religione?, sono alcune delle domande (p. 123) cui l’A. tenta di rispondere, soprattutto sulla base dei primi testi di Panikkar in italiano (come ad esempio Religione e religioni, del 1964, o l’articolo “La demitizzazione nell’incontro tra Cristianesimo e Induismo”, del 1961). Fondamentale la distinzione tra la fede (come apertura costitutiva dell’uomo a un orizzonte di consapevolezza ulteriore, più ampio della razionalità; per cui Panikkar afferma che “la fede è senza oggetto”) e la credenza, espressione intellettuale della fede, che si incarna in una determinata epoca, cultura, religiosità: è la fede il terreno del dialogo fra le religioni, mentre su quello della credenza non può che aversi un mero scontro dialettico tra opinioni divergenti, destinato nel migliore dei casi alla ricerca del minimo comun denominatore tra le religioni, che alla resa dei conti non rende giustizia all’identità e alla particolarità di nessuna di esse.
L’autrice evidenzia che il vero dialogo, quello che Panikkar chiama “dialogale”, che attinge a ciò che è oltre il logos, presuppone l’esperienza di ciò che è al di là della parola: cioè il silenzio, «territorio comune alle religioni» (p. 61). Il silenzio, che non è prerogativa dei “religiosi di professione”, ma di ogni uomo che non lasci atrofizzare la propria dimensione religiosa, è il “luogo” in cui Dio parla direttamente al cuore dell’uomo: nella mistica c’è dunque lo spazio privilegiato dell’incontro tra le religioni, sottolinea Vujica, la quale si muove a suo agio fra i testi di Panikkar, che cita spesso e volentieri.
Alcuni interrogativi conclusivi richiederebbero forse (come l’autrice stessa suggerisce) l’approccio ad altri testi, anche recenti, di Panikkar, nei quali le nozioni di pluralismo e di a-dualismo bandiscono per così dire “automaticamente” l’idea di “religione universale”, e dove la radicale relazionalità esclude ogni interpretazione relativistica del pensiero di Panikkar. Così come il dubbio (p. 127) sulla “corrispondenza piena” tra la filosofia di Panikkar e la «visione cristiana del credere» richiede una trattazione a parte. Idee per un prossimo libro.
(«l'Altrapagina», luglio-agosto 2009)
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