lunedì 18 maggio 2009

Star bene con se stessi

Studi recenti hanno messo in luce, come informa la rivista inglese “New Scientist”, che i nostri comportamenti subiscono l’influenza di coloro che ci stanno vicino (parenti e amici, ma ovviamente anche il common sense e la televisione) più di quanto pensassimo (cfr. I buoni propositi di tutti, “Internazionale”, n° 778, 16 gennaio 2009, p. 11). Insomma, il mito dell’uomo tutto d’un pezzo, in grado di scegliere (in ambito morale quanto economico) senza lasciarsi influenzare, in una parola “razionale”, riceve un ennesimo scossone. Un altro mito della nostra epoca individualistica è quello per cui “per star bene con gli altri bisogna star bene con se stessi”, uno di quegli slogan che ci hanno martellati talmente a lungo da non ricordarci più da dove provenga. Non che sia falso, intendiamoci: se siamo interiormente furiosi o delusi le nostre relazioni ne subiscono il riflesso. Tuttavia, non è tutto qui, né questa è la cosa più importante: perché non solo la frase va completata con la speculare “per star bene con se stessi bisogna star bene con gli altri”, ma soprattutto perché quest’ultima... viene prima.

Anche l’adolescente più scontroso e introverso muta radicalmente quando si fidanza. Non siamo noi a conferire a noi stessi il nostro “star bene”, ma gli altri

Procediamo con ordine. Se proviamo a richiamare alla mente la nostra adolescenza, ricorderemo quanto fosse importante per noi l’approvazione dei compagni di classe: un loro sguardo silenzioso ci costringeva a chiederci immediatamente se avessimo qualcosa fuori posto; un loro incoraggiamento ci metteva subito di buon umore. In particolare, anche il carattere più scontroso e introverso mutava radicalmente appena si fidanzava; anche il più insicuro di sé, sentendosi accolto dall’altro sesso, prendeva coscienza di possedere un valore intrinseco. “Dunque valgo davvero qualcosa; altrimenti non mi starebbe vicino”: ecco cosa ciascuno di noi ha pensato almeno una volta nella vita, e prima di pensare (con convinzione, non per ripicca): “io valgo molto, che gli altri se ne accorgano o meno”.
Questo è tutt’altro che strano: basti pensare che, appena nasciamo, siamo già figli di qualcuno, veniamo già in qualche modo plasmati dal nostro pur inconsapevole e involontario essere con gli altri. È il volto della madre a dare serenità interiore al neonato, non la sua serenità interiore “congenita” a tranquillizzarlo. È a partire dagli altri che stabiliamo la nostra identità e la nostra autostima (come ben sanno quei trentenni single e disoccupati di oggi, che mostrano una fragilità simile proprio a quella degli adolescenti). Non siamo noi a conferire a noi stessi il nostro “star bene”, ma gli altri. All because of you I am, cantavano gli U2 qualche anno fa: tutto ciò che sono, lo devo a te.
Lo slogan dello star bene con se stessi, preso da solo, può essere utile a vendere servizi individuali come la chirurgia estetica o dei corsi di meditazione; tuttavia, il benessere (lo “star bene”) degli altri dipenderà ben di più da quanto sapremo prenderci cura di loro. Con buona pace della Thatcher, la società esiste. E oggi ne abbiamo più bisogno che mai.

(«Il Caffè», 15 maggio 2009)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano