lunedì 4 maggio 2009

Facebook/1

Facebook è intorno a te, è nell’aria che respiri, in quello che mangi”. Prendo in prestito, parafrasandolo, uno dei passaggi salienti del celebre Matrix, per parlare del fenomeno che oggi sembra sommergerci da ogni lato: Facebook (FB), di cui parlano gli esperti, i giornali e, ovviamente, internet. Il quotidiano “Buongiorno Caserta” – che lo ha descritto come un’epidemia che ha investito l’intera provincia di Caserta – ne ha trattato il 14 marzo 2009, dicendo che il motivo del successo di FB risiede nel fatto che «incentiva la socializzazione» e «accorcia le distanze» (p. 4). Be’, il successo è innegabile: più di 175 milioni di utenti, più di 500 gruppi collegati alla sola città di Caserta. Ciò dipende certo da tante cose: dal fatto, ad esempio, che FB ti fagocita, che non ti lascia il tempo di valutare se sia il caso di spegnere il PC, risucchiandoti continuamente con inviti, domande, quiz, offrendo nuove possibilità o riproponendo le solite. In questo è diverso dalle chat o dalle precedenti “vetrine” su internet (tipo Myspace).
Per questi motivi, e per molti altri, FB è oggi talmente diffuso che un utente può star sicuro di trovarvi tantissima gente che già conosce o con la quale ha perso i contatti da un bel po’. FB è oggi per questo motivo così simile al mondo reale da permettere all’utente di essere se stesso in rete, e non di celarsi dietro un nickname allusivo o un personaggio costruito ad arte (come ad esempio nei forum dedicati ad argomenti specifici).

Sei tu ad avere un’identità sociale su Facebook, o è Facebook ad avertene concessa una al suo interno?

FB insomma, è nuovo e ha successo perché ti istiga ad essere te stesso. Per la varietà e la frequenza delle sollecitazioni, sarebbe impossibile reggere una menzogna troppo a lungo. FB è il luogo in cui puoi ritrovarti, sulla stessa pagina, un post di un tuo vecchio compagno di scuola, del tuo attuale collega di università, del tuo docente e perfino di tuo padre; tutti insieme, in fila, uno dopo l’altro. Incredibilmente aderente al mondo reale. Perfino troppo.
FB corona, a buon mercato, il sogno di tutti gli uomini di quest’epoca: nell’epoca, cioè, in cui non esistono più ceti e corporazioni – grazie ai quali ciascuno era dotato fin dalla nascita, in maniera più o meno rigida e duratura, di una certà identità sociale, di una precisa collocazione nello spazio sociale – a ciascuno è data in sorte la possibilità (ovvero: il destino e la responsabilità) di costruirsi una propria identità sociale (cfr. sull’argomento l’opera del sociologo Zygmunt Bauman). FB fa in modo che tale costruzione sia indolore e quasi automatica, questione di finestre e pulsanti colorati, suggerendola e sostenendola passo dopo passo: «follow the rabbit», pardon, le istruzioni.
La mia ammirazione tuttavia non va all’onnisorridente fondatore, Mark Zuckerberg, bensì a quelli che hanno evidenziato l’ambiguità di fondo di FB e il rischio da essa implicato. Perché ponendo la domanda: “sei tu ad avere un’identità sociale su FB, o è FB ad avertene concessa una al suo interno?”, si sono resi conto prima di tutti gli altri che, nella misura in cui non sei in grado di tradurre nel mondo esterno la tua identità virtuale, di sostenere genuinamente la tua personalità nella vita di tutti i giorni, sei condannato a rimanere connesso al server. Facebook has you.

(«Il Caffè», 30 aprile 2009)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano