giovedì 16 aprile 2009
R. Panikkar, Lo spirito della parola, ed. Bollati Boringhieri, 2007
Lo spirito della parola è una raccolta di quattro saggi già pubblicati da Panikkar, ma mai apparsi in italiano: “Il potere della parola”, “La parola creatrice di realtà”, “Parole e termini”, “Le parole della Scrittura sono categorie universali?”. La raccolta si chiude con un breve saggio di Giuseppe Jiso Forzani dal titolo “Elogio di Babele”, sulla seduzione (ma anche il rischio e la povertà) di un linguaggio scientifico universale ed oggettivo che possa dire le cose in maniera esaustiva, «in un certo modo, in un modo certo» (p. 157).
L'idea fondamentale del libro è che la lingua è inseparabile dalla cultura e dalla vita (intesa soprattutto nel senso dello stile di vita) dell'uomo; per Panikkar «la parola crea la cultura» (p. 52) e «la lingua è lo specchio di come il popolo che la parla, in un dato luogo e in un certo tempo, sente, vede e vive il mondo» (pp. 60-61). Delle parole è intessuta la trama di ogni cultura umana, la quale dipende dal significato che loro si dà; la cultura a sua volta fa da sfondo ad ogni comprensione del mondo da parte dell’uomo, ad ogni relazione tra questi due poli della realtà. Distorcere o, peggio ancora, manipolare il senso delle parole può avere ripercussioni di enorme portata sulla cultura e sulla vita degli uomini (p. 61; illuminante in proposito l'articolo di A. Bhir, “Capitale... umano”, in «Le Monde diplomatique il manifesto», n° 12, dicembre 2007, p. 2, sull'utilizzo strumentale dell'espressione “capitale umano”). È più facile aderire alla mafia se l'omertà è vista come una questione d’onore, o alla massoneria, se il favoritismo viene presentato come un modo di esercitare la “fratellanza al di là d’ogni casta e ceto”; così è più facile far guerra sul territorio altrui, se l'invasione la si chiama “operazione di polizia internazionale”, ed è più facile odiare ed uccidere il prossimo se invece che nemico o partigiano è “barbaro” o “terrorista”. Non è possibile separare la lingua dalla vita; l’impoverimento della lingua va di pari passo con l’impoverimento della cultura.
A monte di tutto ciò Panikkar pone la deformazione del linguaggio avvenuta a causa dell'ambiguità creata dalla scienza moderna tra “parole” e “termini”: le parole si riferiscono alle cose reali, le indicano, e permettono loro di mostrarsi in tutto il loro essere ed in tutte le loro relazioni, mentre i termini sono meri segni inequivoci riferentisi ad astrazioni misurabili della realtà, che possono essere riprodotti all'interno di equazioni. L'ambiguità sorge «quando la scienza usa i nomi comuni come segni. [...] Nonostante l’alto grado di astrazione e di sofisticazione di molte scienze, i loro termini spesso scaturiscono dalla comune riserva dei nomi correntemente in uso e sono utilizzati come segni particolari. Questo dà alla scienza la sembianza di dire parole mentre in realtà sta usando solo dei termini. È questo che causa l’ambivalenza del linguaggio scientifico: usa il “linguaggio ordinario” e dunque nomi comuni come segni, senza realizzare che questi nomi sono anche parole» (p. 100).
A causa del potente impatto della visione scientifica del mondo moderno, la persona cosiddetta istruita utilizza generalmente termini invece che parole. Ciò ha effetti devastanti sulla lingua, per cui ad esempio la luna non sarà mai più ciò che era un tempo per i poeti, e nemmeno per gli animali che ululavano verso di lei, ma soltanto una grossa pietra orbitante a una certa distanza dalla terra. Non è casuale che l’uomo occidentale moderno, le cui categorie di riferimento sono quelle scientifiche, percepisca ad esempio il tempo come un contenitore vuoto nel quale stipare in maniera ottimale ogni sorta di attività remunerative o ricreative, e se stesso come un progetto da realizzare a lungo-medio-breve termine, una macchina il cui obiettivo è fare sempre di più e sempre più velocemente. Restituire alle parole il loro più proprio valore simbolico è, come scrive Achille Rossi, «un compito culturale di prim’ordine». Sulla stessa linea il francese Bellet, filosofo che ha dedicato la propria vita alla creazione di «linguaggi nei quali le persone possano esprimere delle esperienze che altrimenti resterebbero seppellite nel silenzio o misconosciute», afferma che è necessario «restaurare il linguaggio», perché «tutte le parole sono compromesse». Se per Confucio (che i due filosofi citati prima, e con essi Panikkar, riecheggiano), ai suoi tempi, mettere ordine nel linguaggio era un obiettivo prioritario dello Stato, non può esserlo meno ai giorni nostri: «Tutto inizia dall’uso rispettoso e appropriato delle parole» (p. 8).
(«l’Altrapagina», Città di Castello (PG), maggio 2008)
Modulo di contatto
Etichette
aforismi
Alex Zanotelli
altrui cose
Ambiente
Bambini
Bauman
Bellet
biografia
Brunetta
Bullismo
C'è un sole che si muore
Carlo Sini
Cinema
Claudio Fava
Claudio Fracassi
ControCorrente
Daniele Sensi
Desaparecidos
Diego De Silva
Dio perverso
Dipendenze
disabilità
don Andrea Gallo
don Luigi Merola
don Paolo Farinella
e-book
Economia
Educazione
Ennio Remondino
esercito
Etica d'impresa
eventi
Facebook
Fantascienza
Filosofia
Filosofia della scienza
Foto
Fumetti
Galapagos
Geografia
Giochi
Giulietto Chiesa
Giuseppe Miserotti
Giuseppe Onufrio
Goffredo Fofi
guerra
Guerra e pace
Hegel
Heidegger
i piccoli
Idiosincrasie
Il Partito dell'Amore
il telefonino
Illich
Immigrazione
In che mondo viviamo
Incendi in Russia
Internet
L'azzardo del gioco
L'economia come la vedo io
La Chiesa che non capisco
La guerra è guerra
La piaga del nucleare
La verità cammina con noi
le cose si toccano
Letteratura
lettere
Levinas
Libertà di stampa
Linguaggio e realtà
Luciano Gallino
Luigi Zoja
Mafia
Malainformazione
manuali
Marx
Massimo Cacciari
Massimo Scalia
Massoneria
Matematica
Maurizio Torrealta
Mondo
Morin
Musica
My Last Slating
Noir&Giallo
Novità
Nucleare
Pancho Pardi
Panikkar
Paolo Scampa
Parcheggiatore abusivo
pedagogia
Pietro Barcellona
Pippo Civati
Pirateria somala
poesia
Politica
psicologia
Pubblicità
Racconti e poesie
Religione
Riccardo De Lauretis
Roberto Carboni
Scienza
Scuola
Scusi può ripetere?
Sergio Manghi
Società
sport
Stefano Santasilia
Storia
Teatro
Tecnofollie
Tonino Drago
Vincenzo Pepe
Virtù del pubblico - Vizi del privato
Vito Mancuso
War
Powered by Blogger.