giovedì 16 aprile 2009
L. Amoroso (a cura di), Il battesimo dell’estetica, ed. ETS, 2008
Giunge alla sua terza edizione questo bel libro, ormai quindicenne: Il battesimo dell’estetica, curato da Leonardo Amoroso, docente di estetica all’Università di Pisa. Il testo è pensato per gli studenti del suo corso, pubblico al quale si rivela certamente adatto – soprattutto per la chiarezza dell’Introduzione, che occupa un terzo del libro – ma non manca di coinvolgere anche colui che gli studi se li è lasciati alle spalle già da un po’, per l’efficacia della sintesi e al contempo la ricchezza degli spunti.
Il problema dell’individuazione della nascita dell’estetica viene ricomposto partendo da una ben precisa base testuale (in traduzione italiana con testo a fronte, latino – per gli scritti di Baumgarten – ovvero tedesco – per quelli di Kant). Nella ricostruzione di Amoroso – basata su quattro testi del ’700, due di Baumgarten e due di Kant – l’estetica nasce, sia come termine, sia come disciplina filosofica, nel 1735, con il “Progetto dell’estetica” di Baumgarten (diversamente, Benedetto Croce, faceva risalire la genitura
dell’estetica a Vico, mentre Baumgarten l’avrebbe semplicemente “tenuta a battesimo”, espressione che dà il titolo al libro). Essa nasce dunque in Germania, e con l’ambizione di «dimostrare razionalmente, filosoficamente, le regole del poetare» (p. 10). Per Baumgarten l’estetica va concepita come scienza rigorosa dell’esperienza sensibile. La poetica (concepita a sua volta razionalisticamente come arte dell’esprimere delle idee con la massima chiarezza possibile) va integrata nella filosofia, dalla quale eredita tutto il rigore e la forza dimostrativa; il suo fine dichiarato è la «perfezione della conoscenza sensibile in quanto tale» (p. 16).
L’estetica dunque come scienza di una forma di conoscenza, quella sensibile (Amoroso rileva en passant che a Baumgarten si deve l’introduzione del neologismo “gnoseologia” oltre a quello di “aesthetica”); alla quale, “sorella minore della logica” (il primato spetta infatti sempre alla razionalità), non manca il primato per così dire “temporale”, dato dal fatto che «gli uomini prima sentono e poi ragionano» (p. 17). In dialettica con questa posizione “fiduciosa” nei confronti della possibilità di una fondazione scientifica dell’estetica, Kant delinea la propria posizione, dapprima scettica, in seguito più “possibilista” (come si rileva dagli ultimi due dei quattro scritti proposti da questa antologia).
Tra i motivi che rendono piacevole – e non solo utile – la lettura di questo testo, lo stile di Baumgarten, che conosce bene i limiti propri e della propria neonata disciplina, il cui entusiasmo nell’intravedere la soluzione del problema non gli impedisce di valutarne e di accettarne onestamente la distanza: «§ 5 – Si potrebbe obiettare alla nostra scienza (§ 1): 1) Si estende troppo per poterla esaurire in un unico volumetto, in un unico corso di lezioni. Risp.: Concesso. Ma qualcosa è meglio di niente» (p. 37). E che è alieno dal considerare la filosofia come qualcosa di etereo, adatto ad uomini con la testa persa fra le nuvole: «§ 6 – Si potrebbe obiettare alla nostra scienza: 4) Cose sensibili, immagini, favole, perturbazioni degli affetti, etc. non sono degne dei filosofi, sono poste al di sotto del loro orizzonte. Risp.: a) Il filosofo è uomo fra gli uomini e non fa bene a ritenere a sé estranea una parte tanto grande della conoscenza umana» (p. 39).
Questa terza edizione contiene un nuovo testo, il quarto, che sostituisce il precedente § VIII della Erste Einleitung, ritenuto oggi da Amoroso, sulla scorta della sua esperienza didattica, troppo ostico per gli studenti. Nuova edizione critica, nel suo piccolo, che riesce a rendere conto – relativamente, è chiaro, alla sola parte citata – dei ritocchi apportati da Kant alla seconda edizione della Critica della ragion pura. Accessibile nei contenuti e privo di refusi tipografici; insomma, un libro sull’estetica che è “bello” leggere.
(«ReF-recensionifilosofiche.it» online, ISSN 1826-4654, n° 37, marzo 2009)
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