F. Nietzsche, Al di là dl bene e del male
Parlare d'amore oggi potrebbe essere nient'altro che parlare di un bene di consumo tra i tanti; non solo perché è possibile acquistare l'“amore” con il denaro (ciò che era possibile anche in altre epoche) o perché esistono oggi agenzie che per soldi aiutano a trovare “compagnia”, “amicizia” o perfino l'anima gemella, ma soprattutto perché per noi oggi l'amore è un'attività al pari di tante altre, o addirittura una specie d'investimento: lo sanno bene quelli che, presissimi dalle loro cose, “non hanno tempo” per l'amore.
Agli antipodi di tutto ciò, Bellet ci parla dell'amore come di quella realtà senza la quale non c'è vita umana, non c'è umanità. Una realtà, dunque, non una semplice idea; qualcosa che non nasce nell'uomo, che lo trascende, eppure lo coinvolge pienamente, in carne, spirito, intelligenza, volontà, sentimento. Ecco perché l'amore non può essere fondato sul sentimento (ciò darebbe luogo a un atteggiamento caldo, ma instabile), né sul dovere (ciò che condurrebbe a comportarsi in ogni circostanza “come se” si amasse). In verità, l’amore non può essere “fondato” su niente, perché è esso stesso a fondare l’uomo: l’amore ci ha amati per primo (cfr. 1Gv 4,19).
Il punto quindi non è individuare un fondamento adeguato (il sentimento, la volontà, ecc.) per una “morale dell’amore”, bensì riuscire a interiorizzare e radicare in noi, nella nostra esperienza personale, sia l'ingiunzione morale esteriore sia l'intimo vacillante sentimento, per acquisire alfine una “naturale” propensione ad amare, senza sforzo, perché “siamo fatti così”. Quanto ciò sia vicino alla conversione in senso cristiano e alla “nuova innocenza” di Raimon Panikkar (per citare un filosofo con il quale Bellet, al di là delle differenze nel linguaggio, ha molti punti di contatto), è questione da approfondire altrove. Qui va notato soltanto che questa “seconda natura” può ben essere qualcosa di congenito in alcuni, ma che per la maggior parte degli uomini essa va conquistata «a poco a poco e a caro prezzo».
Non si tratta di “ridurre” la morale o di scivolare nel permissivismo; le esigenze dell'amore, infatti – pur non essendo codificabili – non sono per tanto meno chiare: ciò che giova alla vita del fratello e al suo volto che ci chiama, è buono e, viceversa, «ciò che porta a tristezza, durezza, traviamento, ripiegamento su se stessi tutto ciò è all’antitesi dell’amore».
In definitiva, l'amore è ciò che precede l'essere nell'essere umano, la verità ultima, la verità di tutto, la pura gioia di donare e di volere che l'altro sia, così com'è, che abbia la vita e che l'abbia in abbondanza. «L'amore è il calore della vita: chi può gustarne, gusta finalmente il sapore vero dell'esistenza umana».
(«L’Altrapagina», luglio-agosto 2008, p. 35)