A questa e a tante altre domande sulla natura e sull’operato di Scientology - organizzazione diffusa a livello planetario, che dispone di mezzi economici impressionanti e vanta, come noto, testimonial del calibro di Tom Cruise e John Travolta - prova a rispondere nel suo eccellente saggio La prigione della fede (eloquente fin dal titolo), appena edito da Adelphi, il giornalista Premio Pulitzer Lawrence Wright. E lo fa documentando con precisione manichea gli usi e gli abusi che l’organizzazione mette in campo contro chi la abbandona o le si mette contro, ma anche e soprattutto contro chi intende farne parte; e le prassi con le quali Scientology ha accresciuto la propria diffusione e il proprio potere tranne specifici programmi di infiltrazione di suoi uomini presso gli uffici di tutti i governi ai quali è riuscita ad arrivare. Il reportage - cauto ma netto - si basa su una caterva di materiali bibliografici (dove le notizie sono spesso accompagnate dai legali di parte, che si affrettano a smentire questa o quella affermazione; Scientology ha un grosso staff di legali alle spalle, anche perché se ne è dovuta servire in occasione delle tante cause intentate per “lavaggio del cervello”, “abusi psicologici nei confronti di persone fragili”, sfruttamento, maltrattamento...) e di interviste a chi è stato all’interno di Scientology (o ne fa ancora parte). Wright fa il punto della situazione sulla questione “Scientology” e lo fa nella maniera migliore: lasciando cioè che il lettore si faccia un’idea propria, a partire dai materiali offerti e pubblicati. Un po’ di sana conoscenza, che sgombri il campo da tanta disinformazione (quando non mistificazione).
Lawrence Wright, La prigione della fede, ed. Adelphi, 2016, pp. 530, euro 28.
(«Pagina3», 1 luglio 2016)
