La perdita della madre può essere occasione di riflessione filosofica? Certo che sì: si può leggere la vita e l’esempio della donna come tendenza continua all’accoglienza, contrapposta con forza a una società caratterizzata dai cosiddetti “non-luoghi” (l’aeroporto, il centro commerciale…), tipici nel loro essere completamente anonimi e spersonalizzanti… Cos’è il valore? E, subito dopo: è vero che tutti i valori sono uguali e soggettivamente relativi, o non è piuttosto vero che i valori - ancorché non individuabili né definibili dogmaticamente - mostrano la propria differenza nell’esperienza tanto del singolo quanto della collettività, al punto di permettere che se ne parli in termini di valori “superiori” e valori “inferiori”, o addirittura di valori “universali”, utilizzabili da tutti? Che succede alla nostra epoca ossimorica e straniante, dove più il mondo si fa globale, meno sembra esserci spazio per l’altro? Che succede agli uomini, immersi nella folla dei grandi eventi - per non dire di quella permanente e pervasiva dei social network - ma poi, alla resa dei conti, sempre più soli?
Claudio Sottocornola, insegnante liceale di Storia e Filosofia, raccoglie in questo volumetto alcune riflessioni, in parte già rese pubbliche in occasione di manifestazioni culturali. L’approccio è “pop” e transdisciplinare, che l’autore sfrutta volteggiando con leggiadria tra l’interrogazione morale, l’esperienza vissuta con gli studenti, la musica dei cantautori, la poesia. L’esito tuttavia è deludente, perché non si riesce a rinvenire nel testo niente che vada oltre l’impressione personale, estemporanea e fugace; la quale può certamente dare lo spunto per un “invito” alla riflessione collettiva (senza la pretesa di completezza tipica del trattato), ma non può tuttavia esaurirsi in esso. Il lettore, in definitiva, non riesce a desumere in cosa dovrebbe consistere l’originalità o la necessità di un libro come questo: lo stile accademico - che qui si cerca di superare - avrà, sì, una sua peculiare millenaria pedanteria dalla quale si fa bene a cercar di rifuggire, ma offre il vantaggio di una direzione chiara, a partire da uno stato della questione ben delineato. Qui invece la libertà prende il sopravvento, in senso deteriore; e, per eccesso di immediatezza, l’analisi finisce per diventare inconsistente.
C. Sottocornola, Effatà, ed. Marna, 2015.
(«Mangialibri», 8 settembre 2015)
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