lunedì 13 luglio 2015

L. Manconi, S. Anastasia, V. Calderone, F. Resta, Abolire il carcere, ed. Chiarelettere, 2015

“Schiaffare il colpevole in cella e buttar via la chiave”. “Lasciar marcire in galera”. “Detenuti chiusi in gabbia come bestie? Ma quelli sono delle bestie!” Frasi come queste - e come decine d’altre - fanno ormai parte del nostro immaginario collettivo, circa il modo di intendere il carcere. Ciò che è, ciò che dovrebbe essere. Nessuno crede veramente alla rieducazione, al reinserimento in società, nemmeno al rispetto che si dovrebbe “perfino” a un assassino: quello che crediamo è che chi ha fatto soffrire qualcuno, ebbene, soffra a sua volta; e non c’è deterrente migliore che sapere che il carcere fa schifo. Un modo di intendere la giustizia come un altro: forse il più schifoso e simile alla vendetta. Ma pur sempre qualcosa di non irragionevole. Ciò che sembra confermato dalla realtà delle prigioni italiane, molto più orientate a questo che al lodevole mandato costituzionale del “recupero”: in Italia muore una persona in carcere ogni 2 giorni, un terzo di queste morti è autoprovocata e una gran maggioranza di chi esce di galera finisce ben presto per tornarci. Insomma: stando ai fatti, verrebbe da dire che la pena di morte sia preferibile, quantomeno non è ipocrita...
Gran bel libro questo di Manconi-Anastasia-Calderone-Resta: niente giri di parole, solo dati e riflessioni secche, prive di sentimentalismi e strizzatine d’occhio demagogiche, per un argomento della massima attualità (l’insostenibilità materiale del sistema carcerario italiano, ciò che lo rende così disumano e indegno di uno Stato di diritto nel terzo millennio), che ci si è francamente stufati di veder dibattuto a suon di slogan, ritriti quando non del tutto stupidi. La tesi dirompente - ma, anche qui: tutt’altro che irragionevole - è che del carcere si può fare a meno, tout court, anche se magari non da un giorno all’altro: un passo alla volta - come scandito da questa trattazione a otto mani - è possibile ridurre drasticamente la detenzione in favore di pene alternative più utili e giuste (che, tanto per cominciare evitino che il ladro di merendine finisca in cella col pluriomicida: sembra una quisquilia, ma lo è di fatto solo quando si è fuori). Con la Prefazione di Gustavo Zagrebelsky.


L. Manconi, S. Anastasia, V. Calderone, F. Resta, Abolire il carcere, ed. Chiarelettere, 2015.

(«Mangialibri», 13 luglio 2015)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano