Jean-Patrick Manchette è la Formula1 del noir francese. In questo splendido romanzo - per molti il suo capolavoro, da cui è stato appena tratto il film The Gunman, con Sean Penn, nelle sale - che ha tutte le caratteristiche del nero morale di alto profilo, spicca la figura del killer indifferente alle vittime e alle loro agonie, ma legato in maniera si potrebbe dire “fisica” ai suoi ideali, tanto etici (come l’opzione per una certa visione politica delle cose), quanto personali (come l’amore per la stessa donna di sempre, intatto al passaggio tra i decenni e alle più impervie traversie). Accostato giustamente al grande Dashiell Hammett nella bella Postfazione di Doug Headline, l’autore regala qui elementi di grande “cinema sulla pagina”, mettendo in scena la violenza più dura nelle scene “disarmate”: «“Soudan non sarà felice con te - affermò la donna - tu non sei normale. Hai qualcosa di malato nella testa. Io ci ho provato. Lo sa il cielo se ci ho provato!” Non spiegò a cosa si riferisse dicendo che ci aveva provato. Prima di uscire passò davanti a Terrier, si alzò in punta di piedi e gli sputò in faccia». Di lui non si può che parlarne con le stesse parole di James Ellroy: «Jean-Patrick Manchette: per usare un linguaggio balistico, una terrificante potenza di fuoco».
Jean-Patrick Manchette, Posizione di tiro, ed. Einaudi, 2015.
(«Pagina3», 29 giugno 2015; «Mangialibri», 14 luglio 2015)
