venerdì 15 maggio 2015

Un caso di coscienza

Un bellissimo film di una decina di anni fa, L’uomo senza sonno, narra la storia di un uomo che non riesce a dormire. E che è perseguitato da immagini di un pirata della strada che ha ucciso un bambino: immagini, sì, perché ormai per lui la differenza tra sonno e veglia non c’è più, vive in un perenne stato di allucinazione e di scivolamento nel sonno (che però non dura mai più di qualche secondo). Dopo un tempo lunghissimo - che usa più o meno casualmente e maldestramente per ricomporre i pezzi del “puzzle” - riesce finalmente a ricostruire la verità: e solo allora riuscirà, finalmente, ad addormentarsi.
Mi è tornato in mente leggendo la notizia del giovane uomo (meno di quarant’anni) che ha investito mortalmente un anziano sulla statale per Nola, col suo autocarro, e poi si è dato alla macchia. Per poco, però: la sua coscienza, a soli tre giorni di distanza, l’ha costretto a costituirsi denunciando la propria responsabilità. Cosa che più che al film può far magari pensare al Raskolnikov di Delitto e castigo. Ciò che resta fermo in entrambi i casi comunque, che si preferisca il noir francese del grande schermo o il classico russo del secolo scorso, è che la coscienza sembra qualcosa dei bei tempi andati; o, nel migliore dei casi, qualcosa di cui oggi si legge con stupore, da celebrare - nei rari casi in cui si fa viva - addirittura con un film. Anestetizzati come siamo dal profluvio di notizie (e di invettive) sulla corruzione in tutti gli ambiti e a tutti i livelli, la coscienza sembra effettivamente qualcosa che i decenni scorsi non hanno trasmesso a questa generazione.
Chi sa se le cose stanno davvero così. Non lo so e in verità ci credo poco. Io continuo a credere di averne una (per opinabile che possa essere il mio modo di usarla). E mi domando: in coscienza, cosa voterò alle prossime elezioni? Mi interrogo - come tutti o, almeno spero, come molti - sulla presentabilità dei candidati: in particolare sulla candidabilità di quello di sinistra, riabilitato da delle discutibili primarie dopo che il giudice l’aveva riconosciuto colpevole in primo grado in almeno tre casi distinti (cfr. al riguardo Wikipedia). Lo faccio presente ai tanti amici di sinistra che mi vanto di avere ancora e in molti mi rispondono: va be’, ma si sa che la magistratura non sempre ci azzecca, magari è stato un tentativo di farlo fuori. Non ci posso credere: sono le stesse cose che non più di due anni fa rimproveravano a gran voce a Berlusconi. Glielo faccio notare; mi rispondono: “Non vorrai mica paragonarlo a lui!” “Ma siete voi a star facendo il paragone”, vorrei dire. Lascio stare. Torno a chiedermi cosa farò al momento del voto. Il che mi mette in un grave imbarazzo: se quelli lì sono quelli lì (e, insomma, non sono i miei preferiti) e questi qui - come dire - finiscono per essere come quelli lì…
L’unica cosa certa è che voterò in coscienza, questo sì. Spero solo, a cose fatte, che riuscirò a dormire.

(«Il Caffè», 8 maggio 2015)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano