«Devo riconoscere che tra l’economia e l’etica non traccio alcuna frontiera precisa, se ancora ne faccio la distinzione. Il regime economico che va contro il progresso morale di un individuo o di una nazione non può essere che immorale. Così come ogni sistema economico che permette di gettarsi su un altro paese per farne la propria preda. Lo scopo da raggiungere è promuovere la felicità dell’uomo, facendolo arrivare a una completa maturità, mentale e morale» (M.K. Gandhi). Difficile iniziare con parole diverse da quelle dell’epigrafe una presentazione del volume di Serge Latouche Decolonizzare l’immaginario. Il pensiero creativo contro l’economia dell’assurdo (ed. EMI), dedicato come sempre alla decrescita economica (termine ormai associato al suo nome, al di là della paternità formale), ma stavolta con un taglio particolare: riflettere sul ruolo che ha in economia la persuasione delle masse, onde inoculare una visione del mondo per la quale non c’è alternativa al capitalismo (in inglese T.I.N.A. - There Is No Alternative). A questo serve la propaganda e, ovviamente, la pubblicità: “colonizzare l’immaginario”, facendo credere che questo sia il migliore dei mondi possibili; suggerendo che una crescita produttiva infinita sia tanto possibile quanto auspicabile (mentre ci sarebbero dubbi ben più che ragionevoli sia sulla prima sia sulla seconda); illudendo che esista qualcosa chiamato “sviluppo sostenibile” (qualunque cosa significhi); insinuando che la decrescita, in fin dei conti, non sia che l’apologia della povertà, se non della miseria.
Come reagire? Il piano dialettico non basta: i loro megafoni sono più grandi dei nostri. L’unica alternativa è liberare l’immaginazione e creare quell’alternativa che - dicono - non esista. Insomma: invece che spiegare le ragioni della nascita, tagliare il cordone ombelicale e dar vita alla nuova creatura. Quello che Latouche fa in questo libro-intervista, corredato di una pregnante sezione conclusiva delle FAQ. Dove si legge: «La decrescita non cerca compromessi con il capitalismo. Non tanto perché ne denuncia i limiti ecologici e sociali, ma soprattutto perché ne mette in discussione lo spirito, l’ideologia che riduce a merce ogni risorsa naturale, comprese quelle ritenute beni comuni, come l’acqua che beviamo. A questa visione mercantile della scienza e della natura occorre contrapporne una nuova». Parole sante. Quando cominciamo?
S. Latouche, Decolonizzare l'immaginario, ed. EMI, 2014.
(«Il Caffè», 27 marzo 2015)
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