mercoledì 11 marzo 2015

A. Colangiulo, Il tesoro di Sant’Ippazio, ed. Lupo, 2013

Una serata come un’altra, del mese più caldo dell’anno, in un paesino come un altro del Basso Salento: la processione di Sant’Agata per le strade, in mezzo a una marea di fedeli; due ragazzini, Vasco e Riccardo - che tutti chiamano Fischio - il cui pensiero fisso è riuscire a vedere nuda “la Maria”; e Maria, “la” Maria, che non fa niente per smentire le voci che da anni girano sul suo conto: pare che nella sua casa entrino ed escano uomini con una certa facilità (e non si tratta certo di suo marito: quello sta in Svizzera). Un posto, insomma, di quelli che ti viene da pensare che si fingano “arretrati” solo per non essere costretti a spiegarti troppe cose; a cominciare dal corpo di don Gino riverso al suolo, nella chiesa di sant’Ippazio, nel bel mezzo della cerimonia…
Niente male questo noir di Alberto Colangiulo, soprattutto perché trattasi di opera prima. Scritto con uno stile dimesso ma compito, che non si concede a stereotipi né a forme colloquiali sgangherate o fuori luogo. Protagonisti di questa storia il maresciallo Gerardi della Benemerita, ligio al dovere anche sotto il sole di ferragosto; e il paesino con i suoi abitanti, le dicerie, le abitudini inveterate (soprattutto quelle cattive), le tradizioni e le superstizioni. Tutte cose che conferiscono ritmo all’indagine, facendola ondeggiare tra il divertimento e l’intrigo. Ben fatto.


A. Colangiulo, Il tesoro di Sant’Ippazio, ed. Lupo, 2013.

(«Mangialibri», 11 marzo 2015)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano