«Eredità di don Peppino Diana. A vent’anni dalla morte è sempre più amato dal popolo. Forse non sappiamo cosa significhi “canonizzazione”, “culto pubblico”, “intercessione”. Sentiamo però la gioia di celebrare e di venerare colui che ha dato la vita per i suoi fratelli. Don Diana è il padre e il martire delle nostre terre e nessuno potrà mettere a tacere la sua testimonianza. Per coloro che ritengono necessario muoversi verso una convivenza più umana, è l’ora della gratitudine, ma soprattutto dell’impegno».
Basterebbero queste parole per svelare il contenuto del libro Peppino Diana. Il martire di Terra di lavoro, appena nato dalla feconda penna di mons. Raffaele Nogaro e pubblicato per i tipi dell’editore Il pozzo di Giacobbe. Ma non basterebbero a rendere conto del gioiello che è, e delle tante caratteristiche che lo impreziosiscono, dal documento del parroco di Casal di Principe “Per amore del mio popolo” alla Prefazione di Sergio Tanzarella (che ricostruisce in maniera inedita le tappe del rapporto di don Peppino con l’allora vescovo di Caserta Nogaro, traversie giudiziarie incluse), dalla lettera del vescovo ai genitori nel 16° anniversario della morte del figlio al testo scritto nel 1994, a pochi giorni dall’omicidio (“Il ministero del sangue”). Al centro di tutto ciò, un’amplissima meditazione su don Peppino Diana, prete e martire, sulla sua pratica religiosa e sulla sua santità, ma soprattutto sulla sua eredità, su quel seme che ha piantato in noi e che - nonostante i diversi tentativi, sia con la menzogna sia con la violenza - la camorra in tanti anni non è riuscita a sradicare.
Un libro pensato e scritto ottimamente, con grandi intelligenza e sensibilità, consigliato a tutti quei cristiani cui non basta dire “Signore, Signore”, ma che amano praticare la giustizia tutti i giorni alimentandosi alla testimonianza dei giganti della fede. Come don Peppino Diana.
R. Nogaro, Peppino Diana. Il martire di Terra di lavoro, ed. Il pozzo di Giacobbe, 2014.
(«Il Caffè», 9 gennaio 2015)
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