1990. Antonio è appena guarito dal cancro; e ora che è scampato a un pericolo vorrebbe evitarne un altro: quello del suo lavoro come contrabbandiere di sigarette. Un amico di un amico lo ha instradato verso una nuova occupazione, dove c’è qualcosa in più da guadagnare rispetto alle 800.000 lire a viaggio che ha preso finora: d’ora in poi farà il fattorino per una grande azienda. Grandissima, a dire il vero. Perché anche se non ha capito con esattezza per chi lavora (e chi lo paga), lui se ne va in giro a consegnare valigette. Tante. Sono molte infatti le consegne da fare quando in gioco ci sono i miliardi del gas algerino e colossi come ENI che ne reggono le fila: mediatori internazionali, politici, burocrati, banchieri, ognuno ha il suo grado di corruzione e la sua parcella per il “disturbo”. Lavoro nuovo, vita nuova, pensa lui. Ma intanto i tempi di Tangentopoli si avvicinano e stringono la loro morsa sulla “Milano da bere”...
Un romanzo gradevole che riporta alla memoria le dinamiche e gli antidoti di un’epoca - quella appunto dei maxiprocessi alla politica - che aveva suscitato in molti delle grandi speranze (pur disattendendole quasi tutte). E che mostra bene come, alla fin fine, non sia necessario essere corrotti fino al midollo per rovinare una nazione intera: anche un personaggio moralmente neutro come il protagonista - che, semplicemente, non si fa troppi scrupoli - può essere il pernicioso anello di una catena la cui storia abbiamo già sentito raccontare. Ma mai con grosso profitto. Vale la pena di raccontarla ancora.
D. Corbetta, La mela marcia. Una storia di Tangentopoli, ed. PaginaUno, 2014, pp. 200, euro 15.
(«Mangialibri», 1 dicembre 2014)
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