venerdì 2 maggio 2014

M. Veladiano, Parole di scuola, ed. Erickson, 2014

«Non solo essere docenti non è più in alcun modo prestigioso. E pace. Ma non è quasi neppure dignitoso nel comune sentire. Si parte a insegnare con un debito di fiducia, ed è tutto da dimostrare l’esser bravi insegnanti. “Almeno il postino prende la pioggia”, ha detto uno studente che contestava la fatica dell’insegnante».

Con questo rovesciamento fanno oggi i conti le scuole, i presidi, i professori. Ma anche con riforme scolastiche inadeguate e tagli ciclopici alla spesa, proprio mentre si pretendono al contempo prestazioni eccezionali vòlte all’inclusività e alla competitività. Con quali parole parlarne? Quelle solite - identità, integrazione, equità, empatia - ma che tra i banchi, con i genitori, dall’altra parte della cattedra assumono un sapore, un significato, una missione diversa: la scuola ha ancora qualcosa da dire alla società, a cominciare dagli alunni.
Parole di scuola, di Mariapia Veladiano (ed. Erickson), non è solo un libro sulla scuola, ma è un libro che viene dalla scuola, senza pretese apologetiche o agiografiche, con la genuinità e la pregnanza di chi la conosce davvero, nelle sue debolezze ma anche nelle sue eccezionali potenzialità.

Mariapia Veladiano, laureata in filosofia e teologia, ha insegnato Lettere per più di vent’anni ed è oggi Preside a Rovereto. Collabora con «Repubblica», «Avvenire» e «Il Regno». Nel 2010 il suo primo romanzo, La vita accanto, ha vinto il Premio Calvino; l’anno dopo è arrivato secondo al Premio Strega. Tra le sue ultime pubblicazioni: Il tempo è un dio breve (2012), Messaggi da lontano (2012) e Ma come tu resisti, vita (2013).


Mariapia Veladiano, Parole di scuola, ed. Erickson, 2014, pp. 120, euro 9.

(«Pagina3», 2 maggio 2014)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano