Un marziano si strabilierebbe vedendo l’assurdità con la quale gli uomini si organizzano sulla Terra
C’è ogni motivo per credere di no, sostiene Latouche, soprattutto oggi che “l’ora della verità” si avvicina: ormai i dati fisici, geologici e biologici ci dicono che una produzione e un consumo di questo tipo non sono più sostenibili e che la “crescita infinita” è un’idea stupida che non possiamo più permetterci (ma insomma, esiste ancora al mondo un bambino che non abbia capito che non si può sfornare sempre lo stesso numero di pizze, riducendo costantemente la farina e aumentando il numero dei forni?). Siamo di fronte all’evidenza di limiti che rendono questa pretesa di infinità tecnicamente impossibile: perché bruciamo più risorse di quante riusciamo ad accumularne; perché il clima si sta alterando in maniera forse irreversibile; perché l’inquinamento delle fonti primarie (aria, acqua, terra) e l’impoverimento delle masse progrediscono senza interruzione.
Cosa fare? Tanto per cominciare, renderci conto che l’economia non è affatto un “ordine naturale”, ma un’invenzione bella e buona: l’economia non è nient’altro che una teoria come un’altra, fatta dagli uomini, questi stessi che possono - se vogliono - disfarsene. In secondo luogo, prendere atto una volta per tutte di quello che tanti studi ormai decennali ci mostrano senza incertezze: cioè che a partire da una certa soglia di agiatezza, la felicità dell’uomo non solo non aumenta, ma tende a trasformarsi in ansia (a causa di tutto ciò che potrebbe evitarsi e che invece è costretto a fare “in più” per mantenere il proprio stile di vita). Infine capire che la “decrescita” (di cui Latouche è uno dei principali interpreti) non odia la tecnologia e non auspica la povertà generalizzata (leggere per credere!).
La verità, conclude lo studioso, è che al momento “i nostri politici hanno a cuore più la banca che la banchisa”. E purtroppo anche molti di noi sono affezionati più al loro livello di vita, c he a quello degli oceani. È arrivato il momento di alzare la testa e gettare lo sguardo un po’ più lontano del fine settimana. I problema della nostra madreterra sono problemi che ci riguardano tutti e subito. La Terra non ha uscite di emergenza.
(«Il Caffè», 3 maggio 2013)