sabato 27 aprile 2013

Prevedere l'imprevedibile/3

Riassunto delle puntate precedenti: le centrali nucleari di tutto il mondo continuano a produrre incidenti su incidenti, che i fautori del nucleare minimizzano da un lato, mentre dall’altro continuano a insistere sul fatto che le vecchie tecnologie vanno abbandonate in favore del nucleare “sicuro”, quello di ultima generazione, talmente sicuro da essere in grado di “prevedere perfino l’imprevedibile” (per dirlo con le parole del Presidente dell’associazione “ecologista” FareAmbiente, Vincenzo Pepe, la cui intervista è leggibile qui).
Ci piacerebbe tanto chiedere a costoro: queste tecnologie sarebbero sicure anche nel caso di impatto con asteroidi? No, lo chiediamo semplicemente perché di quando in quando gli asteroidi cadono sulla Terra, e ogni tanto qualcuno si fa male - com’è successo nel caso della pioggia di meteoriti in Russia, lo scorso febbraio, con oltre 1.000 feriti. Eppure ciò che preoccupa non è tanto il danno subito, quanto quello che avrebbe potuto scatenarsi: la pioggia di meteoriti è caduta a 90 chilonetri da Mayak, la “Los Alamos degli Urali”, che oltre ad essere uno dei territori radioattivamente più contaminati del mondo (a causa dei tantissimi incidenti nucleari di cui è stata teatro, tra cui il tristemente celebre disastro di Kyshtym, secondo per intensità solo a Chernobyl e a Fukushima), ospita a tutt’oggi numerosi impianti funzionanti per il trattamento del plutonio. Per parecchi giorni la Russia ha tremato, e con essa tutto il mondo. Fortunatamente l’abbiamo scampata, ma il punto è che queste eventualità ormai non sono più materia per romanzi di fantascienza. È successo, e potrebbe succedere di nuovo, anche prestissimo. Esperti del settore ammettono che non siamo in grado di prevedere le traiettorie e gli effetti neanche dell’1% degli asteroidi in circolazione intorno a noi. Si può pensare che a Mayak ci siano solo impianti degli anni ’60, ma la domanda rimane: esistono davvero impianti nucleari tanto moderni da essere completamente sicuri rispetto a simili catastrofi?
Se la risposta è “no”, checché ce ne dicano i lobbysti, dovremmo smettere di credere alle favole e cominciare a lavorare sul serio a progetti meno pericolosi. Smettere di costruire nuove centrali nucleari, a livello planetario; dismettere quelle esistenti. E non per motivi moralistici, antilluministici o ideologici, ma per mera convenienza. Per non rischiare stupidamente. E per non dilapidare - in quest’epoca di crisi economiche permanenti - i soldi che potremmo impiegare veramente a nostro vantaggio. Tanto per intenderci, per evitare quello che sta capitando ancora ahimé ai Russi, stavolta a Chernobyl: a causa della neve, una parte del tetto del vecchio impianto in disuso è crollata (cfr. le foto), e si teme che le lastre della sala turbine possano cedere sprigionando radioattività nell’atmosfera. Per evitarlo, si sta costruendo un nuovo sarcofago a supporto di quello esistente (evidentemente insufficiente). Poverini: avevano costruito la centrale per risparmiare sulla bolletta elettrica, e ci stanno rimettendo mille volte di più. Questo è un concetto di economia, non di ecologia. O mi sbaglio?

(«Il Caffè», 26 aprile 2013)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano