domenica 17 giugno 2012

La nostra televisione


Con questo numero «Il Caffè» dà il via a un nuovo appuntamento settimanale con il quiz: questa settimana c’è da indovinare il titolo di una fiction italiana (una volta si chiamavano sceneggiati, poi telefilm, ora è tutto un fluire di fiction, miniserie, serie tv: ma poi se le guardi ti accorgi che è sempre la stessa cosa).
Ve la racconto a grandi linee. Lui, sposato con due figli, ha un’amante; a un certo punto ruba il patrimonio dell’azienda di famiglia e sparisce nel nulla facendo credere di essere morto, lasciando nei debiti e nei casini la sua famiglia attuale e quella d’origine. Lei, la vedova, non disdegna - a poche settimane dal funerale - di mettersi con il fratello di suo marito, anch’egli a sua volta impegnato con una donna e con un bambino in affido che stanno per adottare.
La bionda sorella del finto morto si vede di nascosto con un professore universitario che ha trent’anni più di lei e che - ma c’è bisogno di aggiungerlo? - è sposato. Mentre la sorella di lei - per consolarsi dalla notizia che il figlio appena maggiorenne è gay (ma che ci sarà poi da consolarsi?) - prova a gettarsi senza successo tra le braccia del suo capo. Intanto l’azienda va a rotoli e rischiano tutti di finire sul lastrico, merito anche del capofamiglia che intanto si è ipotecato pure la biancheria, ovviamente senza dire niente a nessuno (e men che meno alla moglie criticona e permalosa, madre di cotanti figli). Al contempo la bionda, evidentemente non contenta, intesse una relazione con un suo coetaneo, ovviamente fidanzato in procinto di sposarsi, all'insaputa - ma era chiaro - del professore.

Non c’è bisogno di annunciare teorie del complotto più o meno occulte o arzigogolate per capire che, dietro la nostra tv, c’è l’esplicita propaganda di certi (dis)valori

Avete indovinato? Va be’, ve lo dico io. Potrà sembrarvi incredibile, ma il titolo di questo florilegio di buon gusto, morigeratezza e senso dell’opportunità è: Una grande famiglia. Lo so, non ditemelo, anch’io non riuscivo a crederci; poi, a mente fredda, ho maturato tre ipotesi al riguardo. Spiegazione numero uno: ci prendono tutti per deficienti; quindi il titolo lo scelgono a caso con dei bussolotti, avrebbero potuto denominare la stessa serie “Il benzinaio della Prenestina” e nessuno si sarebbe accorto di nulla (a quanto pare, nemmeno adesso c’è chi noti qualcosa di strano). Spiegazione numero due: la faccenda è più delicata e la questione un po’ più sottile: stanno facendo un esperimento per valutare quale livello di irrealtà siamo in grado di sopportare (un po’ come quando chiamano la guerra “missione di pace” e noi riusciamo a convincerci di star veramente portando la pace a colpi di mortaio). Terza spiegazione: i cretini sono loro, che continuano a fare una televisione e dei titoli a base di “cuore”, “amore” e “famiglia” (e tutto il resto “a cazzo di cane”: cito letteralmente, assumendomene la responsabilità, dalla serie “Boris”, unica vera meraviglia televisiva degli ultimi cinque anni).
È vero, avete ragione: vi avevo promesso un quiz e vi ho dato io la risposta (del resto non c’erano premi). Ma il fatto è che a noi questi quiz non sono mai piaciuti. Lasciamo perdere. E adesso scusate ma devo andare, ché cominciano a fare i pacchi alla tv.

(«Il Caffè», 15 giugno 2012)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano