lunedì 14 maggio 2012

F. Mini, Perché siamo così ipocriti sulla guerra?, ed. Chiarelettere, 2012

Se proprio volete capire come mai ancora oggi - nell’era dell’arma totale nucleare e degli slogan come “oggi le vere guerre sono quelle economiche” - la guerra continui a prosperare e a mietere vittime ovunque, ebbene, non domandatene al primo che capita. Chiedetelo piuttosto a Fabio Mini, autore di Perché siamo così ipocriti sulla guerra?, appena edito da Chiarelettere.
Mini, classe ‘42, generale dicorpo d’armata e capo di stato maggiore del Comando NATO per il Sud Europa, laureato in Scienze Strategiche e in Negoziato Internazionale, ha partecipato personalmente alle missioni nei Balcani e in Kosovo, e ha svolto la funzione di addetto militare a Pechino: è la persona più adatta a svelare i retroscena delle tattiche sul campo e i risvolti politici e diplomatici delle guerre più recenti.

Nel suo racconto da testimone scopriamo le novità della guerra odierna: la guerra è sempre stata fondata sulla menzogna, sia per confondere i nemici, sia per prepararsi a tradire gli amici (“tratta i tuoi amici da nemici, e i tuoi nemici da amici”, recita un noto adagio militare), ma oggi - nell’epoca democratica della necessità del consenso - c’è bisogno di fare un ulteriore passo in avanti, dalla menzogna all’ipocrisia, «quel tipo particolare di inganno che ricorre alla simulazione di buoni sentimenti per approfittare della buona fede altrui e coprire i vizi propri» perché oggi la guerra richiede più che mai una giustificazione ideologica atta a nascondere ciò che più di tutto va nascosto: che la guerra è l’affare più grosso del mondo (non è un modo di dire: la guerra è il primo business al mondo per fatturato; solo al secondo posto, la pubblicità), al punto che negli ambienti dell’economia bellica si parla della “minaccia della pace” (la pace è per loro, evidentemente, il nemico numero 1; la pace per loro significa riduzione degli investimenti, della produzione, dell’occupazione ecc. Questo è comprensibile: quello che non lo è, è che noi continuiamo ad affidare a loro e alle loro “missioni di pace” l’obiettivo di raggiungerla; loro, che sono quelli che meno di tutti la vogliono).
Con lucidità ed imparzialità (per quanto è possibile rimanere imparziali di fronte allo spettacolo di chi si arricchisce massacrando) Mini ci conduce - con uno stile a cavallo tra l’aneddoto e il reportage, che non tace degli aspetti orridi (l’uso spregiudicato di armi vietate dalle convenzioni internazionali, lo sterminio di civili, il piacere incomprensibile che molti provano nell’uccidere) - nel mondo della guerra moderna, destinata a rimanere “infinita” fino a che non saremo in grado di distaccarci dalla sua immagine mediatica che ce la propina come una cosa normale. «Non è questa la normalità, neppure per chi è in guerra, e quindi dobbiamo rifiutarla» conclude il generale. È tempo di rovesciare l’altro bimillenario slogan militare, per proclamare a gran voce: “se vuoi la pace, prepara la pace”.


F. Mini, Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della NATO racconta, ed. Chiarelettere, 2012, pp. 84, euro 7.

(«Pagina3», 14 maggio 2012)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano