Se proprio volete capire come mai ancora oggi - nell’era dell’arma totale nucleare e degli slogan come “oggi le vere guerre sono quelle economiche” - la guerra continui a prosperare e a mietere vittime ovunque, ebbene, non domandatene al primo che capita. Chiedetelo piuttosto a Fabio Mini, autore di Perché siamo così ipocriti sulla guerra?, appena edito da Chiarelettere.
Mini, classe ‘42, generale dicorpo d’armata e capo di stato maggiore del Comando NATO per il Sud Europa, laureato in Scienze Strategiche e in Negoziato Internazionale, ha partecipato personalmente alle missioni nei Balcani e in Kosovo, e ha svolto la funzione di addetto militare a Pechino: è la persona più adatta a svelare i retroscena delle tattiche sul campo e i risvolti politici e diplomatici delle guerre più recenti.
Nel suo racconto da testimone scopriamo le novità della guerra odierna: la guerra è sempre stata fondata sulla menzogna, sia per confondere i nemici, sia per prepararsi a tradire gli amici (“tratta i tuoi amici da nemici, e i tuoi nemici da amici”, recita un noto adagio militare), ma oggi - nell’epoca democratica della necessità del consenso - c’è bisogno di fare un ulteriore passo in avanti, dalla menzogna all’ipocrisia, «quel tipo particolare di inganno che ricorre alla simulazione di buoni sentimenti per approfittare della buona fede altrui e coprire i vizi propri» perché oggi la guerra richiede più che mai una giustificazione ideologica atta a nascondere ciò che più di tutto va nascosto: che la guerra è l’affare più grosso del mondo (non è un modo di dire: la guerra è il primo business al mondo per fatturato; solo al secondo posto, la pubblicità), al punto che negli ambienti dell’economia bellica si parla della “minaccia della pace” (la pace è per loro, evidentemente, il nemico numero 1; la pace per loro significa riduzione degli investimenti, della produzione, dell’occupazione ecc. Questo è comprensibile: quello che non lo è, è che noi continuiamo ad affidare a loro e alle loro “missioni di pace” l’obiettivo di raggiungerla; loro, che sono quelli che meno di tutti la vogliono).
Con lucidità ed imparzialità (per quanto è possibile rimanere imparziali di fronte allo spettacolo di chi si arricchisce massacrando) Mini ci conduce - con uno stile a cavallo tra l’aneddoto e il reportage, che non tace degli aspetti orridi (l’uso spregiudicato di armi vietate dalle convenzioni internazionali, lo sterminio di civili, il piacere incomprensibile che molti provano nell’uccidere) - nel mondo della guerra moderna, destinata a rimanere “infinita” fino a che non saremo in grado di distaccarci dalla sua immagine mediatica che ce la propina come una cosa normale. «Non è questa la normalità, neppure per chi è in guerra, e quindi dobbiamo rifiutarla» conclude il generale. È tempo di rovesciare l’altro bimillenario slogan militare, per proclamare a gran voce: “se vuoi la pace, prepara la pace”.
F. Mini, Perché siamo così ipocriti sulla guerra? Un generale della NATO racconta, ed. Chiarelettere, 2012, pp. 84, euro 7.
(«Pagina3», 14 maggio 2012)
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