sabato 4 febbraio 2012

War!/2


Ci sono certe cose veramente incomprensibili. Quelle che leggi sul giornale e ti costringono a rileggere, per quanto sono incredibili. Così leggo che la Grecia - ormai passata da culla della civiltà occidentale a simbolo della bancarotta europea - dopo aver subito durissimi piani di austerità da parte delle autorità economiche internazionali, con profondi tagli allo stato sociale, riesce a mantenere intatta una considerevole porzione del proprio bilancio, pari a 7 miliardi di euro (il 3% del PIL nazionale): è il bilancio del settore militare.
Non mancano le spiegazioni, certo. Il principale beneficiario degli ultimi cospicui acquisti bellici greci è la Germania, il più strenuo difensore della stabilità economica (dalla Germania, del resto, ha già acquistato materiale militare a piene mani il Portogallo, altro stato sull’orlo del tracollo): è facile dunque immaginare che gli aiuti alla Grecia possano aver avuto un prezzo. Ma, insomma, si tratta pur sempre di qualcosa che colpisce come un pugno in un occhio: non servono commenti o metafore per capire che siffatti stanziamenti sono uno sfregio non solo e non tanto alla miseria, ma al più elementare buon senso.

La Grecia, sull'orlo del fallimento economico, compra armi per il 3% del PIL. E sembra tutto normale

Come può accadere una cosa del genere? Per spiegarlo occorre assumere un punto di vista più generale. Come quello offerto dal volume Conversazioni sull’educazione (ed. Erickson, 2012), eccellente come tutti i libri di Zygmunt Bauman, sociologo di Leeds che stavolta scrive a quattro mani con Riccardo Mazzeo, intellettuale trentino e amico del professore inglese. Bauman comincia con l’avvertirci, citando, che
entro la fine di questo secolo ‘i nostri figli e nipoti dovranno affrontare un clima ostile, risorse ersaurite, la distruzione degli habitat, la decimazione delle specie, la penuria di cibo, migrazioni di massa e, quasi inevitabilmente guerre’.
La guerra non sta affatto scomparendo dal nostro mondo: più presente che mai, è anzi qualcosa cui prepararsi.
La guerra è in arrivo. E non solo dall’esterno, ma dall’interno di un sistema economico consumistico che continua incessantemente a generare “esclusi”: torme di individui esclusi dal lavoro, dal consumo, dalla rilevanza sociale. Sistema il cui totem è il supermercato:
i supermercati saranno certo cattedrali aperte al culto dei fedeli ma per i maledetti, gli scomunicati, gli esclusi dalla Chiesa del Consumo, essi rappresentano gli avamposti del nemico eretti nella terra dell’esilio. Quei bastioni fortificati precludono l’accesso ai beni che preservano altri da un simile destino; [...] Grate e saracinesche d’acciaio, telecamere di sorveglianza, guardie armate all’ingresso e in borghese all’interno non fanno che confermare l’atmosfera di campo di battaglia e di ostilità in corso.
Ecco perché la scelta della Grecia passa inosservata, al punto da sembrare quasi normale: perché intimamante, anche senza rifletterci, ci accorgiamo di essere già in guerra. Non solo nelle “missioni di pace” all’estero o negli sbarchi lungo le coste, ma anche nelle città, perfino nel nostro stesso vocabolario (infarcito di “competizione”, “concorrenza”, “con-vincimenti”, valori-cose-intenti da “difendere” - “come stai? Mi difendo”).
Mazzeo e Bauman ci spiegano - in questo imperdibile libro-dialogo che assume talvolta la fisionomia di un’intervista reciproca - l’assurda ordinarietà del mondo, un mondo talmente intriso di guerra che a momenti non ce ne accorgiamo più. Se non di fronte all’enormità del bilancio militare dell’Italia (perché va detto: i nostri militari di enormità ne dicono tante). Ma di questo parleremo la settimana prossima.

(«Il Caffè», 3 febbraio 2012; poi «l'Altrapagina», febbraio 2012)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano