venerdì 21 ottobre 2011

Ritratti: Joseph Kony

Joseph Kony è nato nel piccolo villaggio di Odek, in Uganda, nel 1962. Figlio di un catechista cattolico, a un certo punto cominciò a dire di avere un rapporto personale con gli spiriti e ad usare l’acqua come medium per le sue profezie: qualche volta ci azzecca, qualche volta no, ma la fama di veggente e di profeta avanza inesorabilmente. Ventitré anni fa indossò un vestito da donna, dichiarò di essere un portavoce dello spirito santo e giurò di rovesciare il presidente del paese, Yoweri Museveni: di colpo, la sua ispirazione religiosa si trasformò in impresa politica.
Museveni aveva combattuto per quindici anni prima di arrivare al potere nel 1986. Non era un modello di democrazia e aveva anch’egli le sue pecche, i suoi scatti autoritari, le sue discriminazioni; ma dall’inizio del suo governo l’Uganda aveva iniziato a trasformarsi in un paese relativamente pacifico e ricco. Contemporaneamente, Kony conduceva la sua guerriglia – fatta soprattutto di aggressioni ai civili: le sue azioni militari hanno provocato ad oggi più di due milioni di sfollati – nel Sud Sudan. Le sue “squadre della morte” (il cui nome è “Lra”), che si avvalgono dell’opera di migliaia (forse più di ventimila) di bambini-soldato arruolati con la forza, sono temute in tutta la regione per la spaventosa brutalità con cui massacrano.

Ciò che fa rabbia e che si pretenda di uccidere, stuprare, schiavizzare nel nome di Dio.
Abbiamo bisogno di un undicesimo comandamento: “Tu penserai con la tua testa”

Joseph Kony – qualche fonte sostiene che abbia più di 60 mogli – è oggi l’uomo più ricercato del continente africano. La Corte Penale Internazionale gli contesta 33 capi di accusa, 12 dei quali per crimini contro l'umanità che comprendono: omicidio, riduzione in schiavitù, schiavismo sessuale, stupro; oltre ai “più lievi” crimini di guerra, che comprendono omicidio, maltrattamenti e attacchi intenzionali di civili, saccheggio, induzione allo stupro, rapimento e sfruttamento di bambini. George Komagun, sedicenne ex soldato riuscito a sfuggire alla morsa di Kony (dentro la quale ha contratto la malaria e una sindrome da stress post traumatico: aveva 11 anni quando l’Lra ha ucciso i suoi genitori e l’ha trascinato via) racconta che Kony costringeva i soldati a bere il sangue e a mangiare il fegato delle vittime.
Tutto ciò fa orrore. Ma ciò che in più fa rabbia, è che Kony pretenda di compiere simili atrocità nel nome di Dio e con la guida dello Spirito Santo: il suo si chiama “Esercito di Liberazione del Signore” e Kony pretende di guidarlo secondo i dieci comandamenti cristiani. Ora, salta all’occhio del primo capitato che il quinto comandamento è “non uccidere”. Eppure i suoi seguaci non sembrano sollevare questa eccezione. Certo, molti lo faranno per convenienza personale, per mancanza di un altro impiego, per ebetismo e qualcuno perfino per gusto. Ma molti di essi – studi recenti sulla religiosità dei mafiosi sembrano mettere in luce proprio questo aspetto (cfr. “Mafia e religione”, intervista ad Augusto Cavadi, «il Recensore.com» 25 novembre 2009) – semplicemente non rilevano l’incompatibilità logica fra le due cose. Perché la logica che fa da sfondo a questi fenomeni – contraddittoria ma fortissima – è sempre la stessa: “affidati all’autorità e non pensare con la tua testa; la responsabilità di quanto fai non sarà tua ma di chi ti ha dato gli ordini”. È la logica che accomuna gli eserciti e i militarismi, l’“onore” e l’omertà mafiosi, un certo modo di intendere le gerarchie religiose e lo stesso cristianesimo. «L’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni» diceva giustamente don Lorenzo Milani, che vedeva lontano. A gente come Joseph Kony, cattolico devoto e cannibale veggente che “ama la guerra” (secondo quanto riporta il suo ex ufficiale Makassa), dieci comandamenti non bastano. Ce ne vuole un undicesimo (che Dio non enunciò a Mosè forse perché lo riteneva ovvio): “Tu penserai con la tua testa”.

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano