martedì 30 agosto 2011
M. Grilli, Gli scienziati e l'idea di Dio, ed. Dedalo, 2010
Molti scienziati sono convinti che la “spiritualità” o la “fede religiosa” consista nel prestare il proprio assenso a una serie di affermazioni più o meno ingiustificate sull’origine dell’universo o sulla vita ultraterrena. Ma si tratta di una convinzione errata, facile da smentire tramite la verifica sperimentale (tanto cara alla scienza): infatti, la stragrande maggioranza delle persone ignora la quantità e il contenuto dei dogmi che pur professa; è difficile trovare due persone in grado di fornire la stessa spiegazione di idee come “resurrezione della carne” o “assunzione in cielo della vergine”; è praticamente impossibile rintracciare in una chiesa, dopo la recita a memoria del Credo, un fedele che conosca il significato di frasi che ha appena proferito (come ad esempio “Dio da Dio, luce da luce”). La religiosità non è assenso razionale: se fosse così, si diverrebbe fedeli solo dopo il baccalaureato. La religiosità è tutt’altro.
Viceversa, molti uomini di fede ritengono che essere scienziati debba necessariamente implicare l’ateismo; credono che la sete scientifica di conoscenza non sia altro
che la protervia di chi suppone di poter spiegare qualunque cosa tramite la sola forza della ragione; sostengono che l’impresa scientifica sia soltanto volontà di dominio dell’uomo sulla natura (e ben presto - tramite la tanto discussa ingegneria genetica - di dominio dell’uomo sull’uomo).
Insomma, sembra sempre un duello all’ultimo sangue, nel quale non si sa bene chi abbia cominciato e non si fa che incolpare l’altro di grettezza o di malafede (spesso di entrambe le cose). In questa diatriba plurisecolare cerca di mettere ordine il libro di Mario Grilli, docente emerito di Fisica all’Università “La Sapienza” di Roma, dal titolo Gli scienziati e l’idea di Dio (ed. Dedalo, 2010).
Il professore - che si rivolge più agli studenti che agli studiosi - non cerca di nascondere il proprio essere di parte, ma è pronto a riconoscere con onestà i meriti storici dell’antagonista: «le religioni sono servite a giustificare e legalizzare inique differenze sociali, ma anche a denunciare e correggere queste iniquità. Un fatto che mi fa amaramente riflettere è quanto poco (purtroppo!), pur dopo millenni dalla loro nascita, le religioni abbiano inciso nel profondo dell’animo umano». Scienza e religione si configurano come due diverse forme di sapere, distinte ma non separate, eterogenee ma non incompatibili. E la loro unione, a vantaggio del sapere dell’uomo, va individuata nell’ambito del dialogo fra le due, basato sul reciproco riconoscimento e rispetto: a nessuno piace sentirsi guardare dall’alto in basso (perciò la teologia deve smetterla di trattare con sufficienza la “ristretta” ragione scientifica, e la scienza a sua volta deve rinunciare a guardare la religione come un insieme di sciocchezze care a un’umanità non ancora pienamente evoluta), così come a nessuno piace sentirsi imporre metodi e limiti (la scienza non ama che la religione imponga cosa si può o non si può studiare, e la religione detesta sentirsi dire che dovrebbe rinunciare alle spiegazioni sull’origine della vita e accontentarsi di curare le anime).
Proprio in quanto i piani sono differenti, nessuna delle due può pretendere di sostituirsi all’altra rimpiazzandola: “Dio non è la conclusione di un processo razionale”, ricorda Grilli citando lo scienziato gesuita George Coyne. I tempi sono maturi per una collaborazione proficua. Con la Prefazione di Carlo Bernardini.
M. Grilli, Gli scienziati e l’idea di Dio, ed. Dedalo, Bari 2010, pp. 105, euro 13,50.
(«Pagina3», 30 agosto 2011)
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