sabato 2 luglio 2011
La crisi della città
Evoluzione incessante e troppo rapida. Inquinamento. Economia globalizzata che sottrae spazio alla politica. Aumento della multiculturalità e dell’immigrazione - anche a causa delle guerre e della desertificazione. Queste alcune delle cause della crisi della città. Crisi che comporta specifiche conseguenze: senso di insicurezza, degrado e assuefazione al degrado, aumento della complessità, vulnerabilità.
Ne parlano eminenti esperti italiani nel volume bilingue (italiano e inglese) The City Crisis. The Priority of the XXI Century - for a UN World Conference - for a UN Resolution, a cura di Corrado Beguinot (ed. Giannini, Napoli), contributo italiano al dibattito mondiale sulla città presso l’ONU. Sul tema si sono già avuti 3 incontri internazionali: il primo a New York, presso l’Assemblea generale dell’ONU, 28 settembre 2009, dove è stato presentato il poemetto di Giuseppe Limone dal titolo “C’erano le città” (visibile su Youtube in italiano e inglese); il secondo a Rio de Janeiro, dal 27 al 29 maggio 2010 e il terzo a Roma, lo scorso 1 giugno.
Il ponderoso volume (oltre 1000 pagine di grande formato) si propone una riflessione sui problemi della città che tiene fermi alcuni punti, come l’interetnicità, la filosofia del km 0, l’approccio ai problemi orientato alla prevenzione. La crisi della città è un fenomeno non episodico, ma epocale, rileva lo stesso prof. Limone, docente di Filosofia politica alla S.U.N., per il quale «essa esprime la crisi di un intero pianeta, i tratti fondamentali del mondo contemporaneo» ed è visibile nei soggetti deboli, bambini, anziani, svantaggiati, disabili, immigrati: «una città oggi è un sensòre del pianeta».
Per il docente la crisi afferisce alla più generale crisi della mentalità contemporanea, di matrice scientifica, basata sulla scomposizione dell’intero in parti e sulla separazione tra i fatti e i valori; ecco perché oggi occorrono 2 scienze: una scienza di connessione tra le scienze, e una scienza dei valori. Ma non di sola scienza vive l’uomo. Ovvero: la scienza dev’essere in grado di trasformare se stessa per accogliere “la concretezza fenomenologica dei vissuti”. Limone richiama Tito Lucrezio Caro per sottolineare che un’autentica vita umana all’altezza del cosmo debba passare attraverso la trasformazione dei vissuti umani in scienza, della scienza in filosofia e della filosofia in poesia.
Poesia che sola è in grado di accedere al livello comunitario dei vissuti; poesia che Limone (da anni dedito alla scrittura in versi e autore di diverse raccolte di poesie) propone qui come contributo personale alla discussione, con 3 poemetti, dal titolo “C’erano le città”, “L’ora della città”, “L’angelo sulle città”: «La tua/fame di viso/bambino/è la nostra/se l’anima nostra/si accorge/di esser seduta su un ramo della tua» (“C’erano le città”). Ricordandoci che i problemi delle città sono problemi con cause e ricadute globali, e che le nostre responsabilità includono quella per le generazioni a venire. Con l’Introduzione dell’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
(«Il Caffè», 1 luglio 2011)
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