In un Istituto tecnico di Alife (CE) un 15enne è vittima di aggressioni ripetute da parte di suoi coetanei ed è costretto a ritirarsi dalla scuola. Vengono emessi avvisi di garanzia nei confronti di 5 studenti; accuse: percosse, lesioni personali, minacce aggravate e ingiurie. In altre parole: schiaffi, calci,
pugni, offese, tutto filmato e subito finito su Youtube.
Ci si può imbattere nel bullismo in ogni angolo di strada, in ogni ordine di scuola, in ogni istituto. Per prevenirlo, e per limitarlo, occorre fare degli sforzi sistematici in ogni scuola. Occorre un impegno condiviso da tutti, dentro il sistema scolastico, per procedere in questa direzione. È necessario che anche gli adulti facciano la loro parte, ivi compresi i genitori e le altre figure di riferimento della comunità.
A. L. Beane, Il metodo antibullo, ed. Erickson, 2010
In Italia il fenomeno del “bullismo” colpisce 1 bambino (7-11 anni) su 4 e 1 adolescente (12-19 anni) su 5. Complice certamente il degrado culturale - a tuttotondo - della nostra epoca; ma complici anche gli insegnanti e i genitori, che spesso ignorano la peculiarità e la pericolosità del bullismo, e sono indotti a sottovalutarne sintomi e conseguenze.
Fa luce sul problema l’ottimo libro di A. L. Beane, Il metodo antibullo (ed. Erickson, 2010). Il quale, partendo dal dato di fatto che «ci sono bulli dappertutto» (a scuola, in casa, nel quartiere, perfino sul posto di lavoro), punta ad insegnare (e ci riesce con gran chiarezza ed esaustività) a genitori ed educatori in genere come “proteggere i bambini e aiutarli a difendersi”. Cominciando con l’imparare a distinguere il normale e fisiologico conflitto dal bullismo vero e proprio; quest’ultimo ha infatti delle caratteristiche specifiche, quali: l’intenzione esplicita di fare del male; la reiterazione; il tentativo di esercitare potere o assumere il controllo su una persona; la mancanza di scuse per il proprio comportamento violento; soprattutto, le conseguenze sul giovane, che possono spingersi (accade frequentemente, come anche allo studente di Alife) fino alla depressione. In alcuni casi, al suicidio.
L’autore del volume è uno studioso dell’Università americana, ma ha formato le sue competenze a un’esperienza di prima mano: la morte del figlio Curtis, che il bullismo subìto ha spinto dapprima verso la depressione, poi sulla strada senza ritorno della droga. Ma il libro non è affatto scoraggiante; al contrario, spiega che - a partire da una conoscenza adeguata della questione - si può far molto per aiutare i propri figli a vivere delle esperienze di amicizia sane ed istruttive. Insomma, alcuni ragazzi fanno i bulli perché sono impulsivi, o per una irriflessa libido dominandi, o perché hanno subito a loro volta dei maltrattamenti. È vero che “quando si tratta di essere cattivi, i ragazzi possiedono una creatività straordinaria”; ma è pur vero che gli educatori siamo noi adulti, che ne sappiamo più di loro e che possiamo e dobbiamo aiutarli ad uscire dal problema del bullismo.
A livello nazionale, il bullismo è approdato anche sul sito internet della Polizia di Stato. Il Ministero della Pubblica Istruzione ha attivato un numero verde “antibullo”: 800.669696.
(«Il Caffè», 1 ottobre 2010)