giovedì 12 agosto 2010

Nucleare: parola di Zichichi

L’opinione delle persone competenti andrebbero sempre ascoltate: non dogmaticamente (come se - a un loro cenno - il caso fosse chiuso), ma al fine di approfondire le questioni grazie al loro contributo. «L’ottimista» pubblica un articolo del fisico Antonino Zichichi sul nucleare dal titolo “Torniamo al nucleare, sarà un progresso!”.
Che afferma delle cose, d’altre ne tace, e ci lascia qualche dubbio che vorremmo esprimere qui. Non per amor di polemica, al contrario: per capire meglio e risolvere i problemi in maniera ottimale. Il testo riportato è tratto dall’articolo citato.
L’abbandono del nucleare ha fatto piombare il nostro Paese nel gruppo delle Nazioni caratterizzate dalla schiavitù energetica. Se scoppiasse una crisi politica a livello planetario i Paesi da cui compriamo petrolio, gas ed energia (nucleare) bloccherebbero l’erogazione per garantire libertà energetica ai loro cittadini. Precipiteremmo nel gruppo dei Paesi colpiti da black out e crollerebbero le nostre attività produttive. Diventeremmo poveri senza possibilità di negoziare alcunché in quanto energia vuol dire alto tenore di vita. Ecco perché l’Italia deve uscire dallo stato di schiavitù energetica in cui si trova.
Nell’osservare di passaggio che una crisi di tali proporzioni ci porrebbe di fronte a problemi magari maggiori di quello energetico, domandiamo: come può il nucleare liberarci dalla dipendenza dai Paesi fornitori di materie prime? Poiché noi non abbiamo uranio in Italia: cosa cambia se si deve comprare all’estero il petrolio o l’uranio? Non sono proprio le fonti rinnovabili a non aver bisogno dell’acquisto all’estero di combustibile? Non sono dunque le rinnovabili l’unica fonte in grado di liberare veramente dalla dipendenza energetica dall’estero?
Uno studio della WFS (World Federation of Scientists) ha stabilito che l’unico indice sicuro per conoscere il tenore di vita in una nazione è l’energia pro-capite. Dove c’è energia è possibile risolvere qualsiasi problema.
Lapalissiano. Ma tralascia che alcuni problemi vengono creati (mentre prima non c’erano) proprio dalla produzione di energia atomica: tumori, scorie nucleari, inquinamento radioattivo ecc. Anche bruciare un bambino può creare energia. Regola valida per ogni cosa: deve valerne la pena.
L’enorme quantità d’energia necessaria per venire incontro alle necessità domestiche e industriali [dei Paesi emergenti, India, Cina ecc.] non può avere sorgente nei combustibili convenzionali (carbone, biomasse, petrolio, gas): l’atmosfera subirebbe danni irreversibili.
Giusto. Ma il nucleare non elimina il problema delle emissioni di gas serra, lo riduce soltanto: i processi di estrazione e preparazione dell’uranio, nonché quelli di costruzione delle centrali e dei depositi e del confinamento delle scorie... producono una quantità di gas serra paragonabile a quella delle fonti convenzionali (dal 25 al 35% circa). Le fonti veramente pulite sono solo quelle rinnovabili.
Si potrebbe continuare. Magari evidenziando come Zichichi (di cui non è possibile mettere in dubbio né la competenza né la buona fede) punti spesso a colpire lo stomaco più che il cervello (nell’articolo, della lunghezza di una paginetta, leggiamo 4 volte “schiavitù energetica”, una volta addirittura nel sottotitolo); come - nello stesso solco emotivo - si utilizzino volentieri espressioni come ”fame energetica”, “pericolo che ci minaccia” e “scelta urgente”; come non si accenni mai ai problemi causati dal nucleare (la brevità del pezzo non giustifica una tale assenza: un capoverso si sarebbe potuto dedicarlo).
In particolare, si potrebbe osservare come l’autore ricorra addirittura 5 volte al termine “fuoco nucleare di pace”, a mo’ di distensivo: ingenuità da parte del professore, che sembrerebbe credere implicitamente all’adagio “la scienza è buona, sono gli uomini che ne fanno un uso cattivo”, che assomiglia tanto all’alibi dei fabbricanti di armi (tutti colti da obbrobrio improvviso allorché Saddam Hussein fece uso delle armi che essi gli avevano venduto). È assurdo studiare, progettare e incentivare la realizzazione di cose pericolose come il nucleare (tra l’altro vicinissime al “nucleare di guerra”) e maledire a posteriori la stupidità e la cattiveria dell’uomo. Non le conoscessimo... ma dopo 6.500 anni di storia: qualcosa avremo imparato?
Vorrei chiudere con un motivo di speranza. La Germania è il Paese economicamente, tecnicamente, industrialmente più all’avanguardia in Europa (per non suscitare risentimenti diremo: uno dei più all’avanguardia). Se se la sente di pronosticare il raggiungimento di un obiettivo ambizioso come la produzione del 100% di energia rinnovabile, qualcosa in mente deve avere. Io credo che la Germania sia un esempio per l’Europa, soprattutto (ma non solo) in materia energetica: per la sua decennale scelta antinucleare, per la coerenza (e il successo) con cui sta portando avanti tale scelta, per gli obiettivi audaci (ma mai avventati) che si pone. Quella stessa Germania - traino economico della UE - della quale si teme l’uscita dall’euro verso un ritorno al marco. Evidentemente la schiavitù non è quella di chi sceglie le fonti rinnovabili, ma quella di chi non sa liberarsi dalle catene (quasi sempre mentali) del passato.

(«AgoraVox», 11 agosto 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano