sabato 26 giugno 2010

Sulla crisi economica italiana. Intervista a Galapagos

Galapagos è giornalista economico del quotidiano "il manifesto".

Che cos'è la crisi che attraversiamo? Un problema solo economico?
La crisi è una brutta bestia, in generale. Le crisi - affrontate sotto il profilo economico - sono un po' tutte uguali: si arriva a un certo punto ad una sovrapproduzione di merci cui si contrappone una domanda insufficiente. Quello che a volte differisce è l'elemento scatenante della crisi; in questa occasione causa scatenante sono stati i prodotti finanziari cosiddetti "tossici": mutui subprime, derivati, ecc. Però va detto che, sempre in generale, le crisi non assumono una virulenza come quella attuale se non ci sono fragilità strutturali dietro. Ad esempio, dietro la crisi del '29 c'era la pessima distribuzione dei redditi: in quel momento negli Stati Uniti l'1,1% della popolazione si appropriava del 33% del reddito. Di conseguenza, la gente non era in grado di acquistare i beni prodotti dall'industria americana, ancorché florida e tecnologicamente avanzata. La nostra debolezza è la globalizzazione. Cioè: se una fabbrica introduce la flessibilità, i licenziamenti ecc., l'imprenditore realizza grandi profitti; ma se questo comportamento diventa generalizzato, su scala appunto globale, alla fine accade che il potere d'acquisto dei lavoratori si indebolisce, come dimostrato ampiamente da statistiche nazionali e internazionali: negli ultimi dieci anni il potere d'acquisto dei lavoratori è diminuito del 10%.
Il periodico svizzero «Neue Zurcher Zeitung» afferma che "l'Italia prima o poi dovrà fare i conti con i derivati", o finirà come la Grecia.
Non credo, perché l'esposizione dell'Italia ai derivati è molto bassa, notevolmente inferiore a quella di molti altri Paesi (tanto che dissesti bancari in Italia non ce ne sono stati, tranne quelli provocati ad arte da qualche mascalzone). Ma c'è anche un altro motivo per cui mi sento abbastanza tranquillo. Secondo un indicatore americano chiamato "double balance" (calcolato sulla base del disavanzo del deficit pubblico e sul disavanzo delle partite correnti, cioè i movimenti valtari con l'estero) viene stilata una graduatoria; i Paesi più destabilizzati si trovavano in cima a questa graduatoria. Quelli più a rischio sono, dopo la Grecia, la Spagna, il Portogallo, l'Irlanda; ma non bene son messi anche la Gran Bretagna e la Francia; il Paese che sta meglio, subito dopo la Germania, è proprio l'Italia, che è riuscita nell'ultimo periodo a contenere significativamente il deficit (nonostante sia raddoppiato tra il 2008 e il 2009, salendo ad oltre il 5%). Essenzialmente questo indicatore segnala quanto un Paese è costretto a ricorrere all'estero per finanziare il proprio debito e quanto invece riesce a finanziarlo ricorrendo al proprio risparmio interno. Ebbene, in Italia la percentuale di risparmio familiare è storicamente molto alta. Da questo punto di vista l'Italia è messa nettamente meglio perfino degli Stati Uniti.
Il presidente del Consiglio Berlusconi ha affermato che  «dopo essere usciti da una forte crisi, stiamo iniziando la risalita…» ("Quotidiano di Sicilia", 12 marzo 2010). È vero?
La risalita è tutt'altro che forte, e la crescita del PIL sarà quest'anno per l'Italia molto più bassa che per gli altri Paesi europei. L'ISTAT alla fine di maggio 2010 ha segnalato una ripresa, ma al contempo evidenzia che il PIL reale è grosso modo quello del '92, e che il potere di acquisto delle famiglie è sceso soto i livelli del '90. La ripresa è molto molto lenta: tra il 2010 e il 2011 la crescita non supererà il 2% (sempre se non succede qualche altra cosa nel frattempo). Berlusconi mente giocando sui numeri. In più la sua manovra - rispetto a quella di altri Paesi europei, dove magari è addirittura più ampia - è semplicemente restrittiva, non prevede stanziamenti a favore della ripresa, al rilancio dello sviluppo.
Alessandro Gilioli, del settimanale «l'Espresso» ha notato che Berlusconi va in TV solo "quando si tratta di regalare promesse e di guarire il cancro"; per annunciare sacrifici manda Letta e Bonaiuti. Gilioli si domanda: "il venditore di sogni è forse un gran codardo?" Cosa ne pensa?
Certamente il giornalista dell'«Espresso» ha ragione. Ma in fin dei conti, non è questo che bisognerebbe aspettarsi da un "venditore di sogni", che va in TV solo per dire - indipendentemente da ciò che farà - che "non si metteranno le mani nelle tasche degli italiani"? Poi va a finire che gli unici italiani a cui non mette le mani in tasca sono gli evasori fiscali.
Secondo Lei, come ha gestito (e sta gestendo) la crisi questo governo?
Come ho scritto tante volte, credo che lo stia facendo molto male. La crisi non è arrivata all'improvviso; eppure il governo ha iniziato a muoversi con fortissimo ritardo. E anche quando si è mosso si è disperso in provvedimenti ridicoli come la social card.
Cosa ne pensa dell'ultima manovra del ministro Tremonti?
Di fronte a un'Italia che cresce pochissimo, lentamente, meno della concorrenza europea, Tremonti ha offerto una conferenza stampa patetica. Nella manovra non c'è nulla che tenti di dare l'abbrivio a una ripresa della crescita. Tanto per dirne una: ci sono in tutta Italia migliaia, forse decine di migliaia di immobili di proprietà statale abbandonati, bisognosi di restauro, di valorizzazione. Con un piano di individuazione e di recupero si sarebbe potuto rimettere in moto sostanziosamente l'economia nazionale.
Peter Gomez ha proposto di tassare i patrimoni riportati in Italia con lo "scudo fiscale" e quelli familiari oltre i 5.000.000 di euro. Lo ritiene possibile e lecito?
Non so se una legge "retroattiva" sia possibile. E' invece possibile, e direi necessaria, la tassazione dei patrimoni.
L'euro è a rischio? In che senso? Con quali conseguenze?
Se ne discute tantissimo. Qualcuno sostiene che - invece dell'uscita della Grecia dall'euro - potremmo assistere a un'uscita della Germania dell'euro, verso un ritorno clamoroso del suo supermarco. Ma io non credo che accadrà (lo affermo ben sapendo che in questo tipo di previsioni si rischia di essere smentiti nel giro di pochi mesi). La Merkel sta prendendo molte misure contro la speculazione, ha bloccato le cosiddette "vendite allo scoperto", sta introducendo controlli più stringenti sugli hedge fund. Ha proposto addirittura una specie di "Tobin tax" sulle transazioni finanziarie. Io personalmente ho criticato l'idea del presidente Obama di aggiungere una tassa di 1 centesimo di dollaro su ogni barile di petrolio per la creazione di un "fondo emergenze". Una misura irrilevante. Quello che va colpito non è il petrolio, ma la speculazione sul petrolio (i futures).
Qualcuno sostiene che la crisi economica abbia fatto diminuire anche la solidarietà: il numero dei volontari attivi in Italia è calato del 5,8% negli ultimi 8 anni.
Non conosco i dati più recenti al riguardo. Quello che vedo è lo sviluppo di un atteggiamento molto più individualistico, alimentato dai modelli che esaltano il più forte, il più furbo, il più ricco...
Secondo i dati ISTAT, oltre 2 milioni di giovani in Italia non studiano e non lavorano e sono a rischio esclusione (sono i cosiddetti "nuovi bamboccioni" cui il ministro Brunetta voleva regalare 500 euro al mese per uscire di casa). Dove stiamo andando?
Se non esiste la possibilità concreta di un lavoro continuativo (magari anche flessibile, atipico: magari anche interrotto di punto in bianco o cambiato ogni settimana) nessuna misura alternativa (tipo i 500 euro di Brunetta) sarà sufficiente.
Cosa può fare il cittadino di fronte alla situazione che abbiamo tratteggiato?
Tanto per cominciare, si potrebbe riprendere a far politica.
Pensa a Bersani? A Grillo? O ha in mente qualcos'altro?
Non penso né a Bersani - che è certo una brava persona e piace anche ai capitalisti, per il buon governo che ha saputo operare a capo della regione Emilia-Romagna - ma che non è assolutamente in grado di "trascinare" (anche a causa della mancanza di un partito forte che lo sostenga); né a Grillo, che mi diverte, ma per me rappresenta la "apolitica", cioè l'assenza di politica. Quando penso alla politica non penso alla macchietta, ma alla discussione seria sui modelli di sviluppo. Da lì parte il lavoro che abbiamo davanti.

(«l'Altrapagina», giugno 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano