mercoledì 16 giugno 2010

Nucleare: a domanda risponde

Nucleare: a domanda risponde
Dopo aver provato pressoché infruttuosamente a porre alcune domande ai fautori del ritorno del nucleare in Italia, proveremo stavolta ad invertire la forma: rispondendo a qualche domanda che nel dibattito sul nucleare non manca mai.
È vero che "abbiamo bisogno di più energia"?
Oggi in Italia sono allacciate alla rete elettrica 682 centrali termiche e ben 34.600 impianti da fonte rinnovabile, per una potenza complessiva di 100 GW. La potenza massima richiesta dalla rete è stata, nel 2008, di 55 GW. Attualmente, dunque, potremmo già produrre il doppio dell’energia che ci serve; ma molti impianti sono fermi o producono a regime ridotto. In più, c’è la possibilità del risparmio energetico: il 10% dei consumi elettrici delle famiglie italiane è causato, incredibilmente, dallo standby degli apparecchi. Spegnere TV e lettore DVD dopo l’uso, invece di lasciarli con la lucetta rossa perennemente accesa, non ci riporta ai tempi delle caverne: ma ci fa risparmiare parecchio. Per non parlare dell’impatto che potrebbe avere una pianificazione nazionale: qui è possibile vedere decine di progetti di risparmio energetico avviati da alcune amministrazioni pubbliche.

È vero che la produzione di energia nucleare non emette CO2?
La mera produzione di energia nucleare non dà luogo all’emissione di gas serra. Ma per arrivare a produrla, bisogna necessariamente compiere attività che di CO2 ne producono, eccome: il cosiddetto "ciclo dell’uranio" comprende infatti l’estrazione del minerale, l’arricchimento, il trasporto e la non trascurabile (anche se una tantum) costruzione del reattore. Dunque, la produzione di energia nucleare, complessivamente intesa, è certamente inquinante dal punto di vista del gas serra. Ma non solo. Non dimentichiamo il problema delle scorie - che al momento nessun Paese del mondo sa come risolvere. Ad oggi, neppure un solo grammo di scorie nucleari è stato confinato in sicurezza (così Giuseppe Zampini, ad di Ansaldo Energia, al quotidiano «Il Giornale», 24 ottobre 2008: 
le scorie sono "il" problema, uno dei punti su cui siamo caduti: sappiamo gestire le centrali ma in Italia non sappiamo dove mettere le scorie.
Non dimentichiamo infine le devastazioni ambientali prodotte dalle miniere di uranio, che inquinano le zone circostanti immettendo nelle falde idriche acido solforico necessario al processo di estrazione e metalli altamente tossici e radioattivi.

È vero che gli impianti nucleari di nuova generazione possono garantire la sicurezza?
Nella vicina Francia, nel solo 2008, sono avvenuti ben 3 incidenti nucleari: due a Tricastin, un altro a Romans-sur-Isère. Nel primo caso si è trattato di una perdita di 30 metri cubi di liquido contenente uranio non arricchito, finiti in terra e in un fiume vicino. Nel secondo caso (quello di Romans) c’è stata una fuga di uranio dovuta alla rottura di una canalizzazione interrata. Nel terzo caso, cento operai sono stati contaminati "leggermente" da elementi fuoriusciti da una tubatura. Nonostante la propaganda filonucleare continui a sostenere che episodi come quello di Chernobyl non potranno mai più verificarsi, il dato di fatto è che nessuna compagnia di assicurazioni al mondo è disposta a coprire gli eventuali danni derivanti da incidente nucleare. Non si dimentichi che il nucleare che il governo si appresta a introdurre in Italia è quello di terza generazione - mentre teoricamente "sicuro" è solo quello di quarta (il teoricamente vale in due sensi: uno perché è sicuro solo in teoria, due perché un simile impianto non è mai stato realizzato).

È vero che la produzione in italia del nucleare ci renderebbe energeticamente indipendenti dall’estero, dalla Francia in particolare?
Se anche smettessimo di acquistare energia nucleare dalla Francia, dovremmo comunque acquistare l’uranio dai Paesi produttori. In generale, il mondo globalizzato non conosce di simili indipendenze; si può al massimo scegliersi il proprio partner, ma non si può farne completamente a meno. In particolare, il prezzo dell’uranio (minerale fossile non rinnovabile) è in rapida ascesa negli ultimi anni: le risorse sono infatti tutt’altro che abbondanti, e già ora siamo oltre il punto di turnover (cioè già oggi, senza costruire nuovi impianti, consumiamo più uranio di quanto ne estraiamo, e ciò grazie all’utilizzo delle riserve militari accumulate durante la guerra fredda). Ma c’è un motivo preciso per cui acquistiamo energia elettrica prodotta atomicamente dalla Francia: la Francia lo vende sottocosto. Ciò perché - essendo quella nucleare un’energia che non può non essere prodotta uniformemente tutto l’anno, e che non può essere accumulata - accade che la Francia dovrebbe letteralmente buttar via tutta quella prodotta in eccesso, ad esempio durante la notte. Ecco perché preferiamo (perché è economicamente più conveniente) acquistarla dalla Francia anziché ripristinare la piena operatività delle nostre centrali (che, come detto all’inizio, già ci garantirebbero la tanto sospirata autonomia energetica).

Tutto ciò dicasi per stimolare un dibattito lacunoso, disinformato o arroccato su posizioni pretestuose, faziose o di principio. Credo che nessuno abbia interesse nel promuovere qualcosa di inadeguato (tranne chi ci guadagna direttamente tramite l’appalto di fornitura), così come credo che nessuno intenda privarsi di qualcosa che mostra mille pregi a fronte di pochi trascurabili difetti. Per quanto riguarda l’energia nucleare, purtroppo, le cose stanno esattamente al contrario.

(ringrazio per le informazioni l’Associazione Nazionale di Volontariato ONLUS "Beati i costruttori di pace")

(«AgoraVox», 16 giugno 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano