sabato 24 aprile 2010

Il Partito dell'amore/2

C’è una cosa che accomuna gli ultimi due libri del giornalista Mario Portanova, apparentemente dedicati a due argomenti affatto diversi: Il Partito dell’Amore (Chiarelettere, 2010), il cui sottotitolo recita “alle radici dell’odio. Così l’esercito di Berlusconi ha spaccato il Paese e svuotato la nostra democrazia” e Inferno Bolzaneto, intorno ai fatti avvenuti tra il 20 e il 22 luglio del 2001 nel “carcere provvisorio” del G8 di Genova.
Il legame è questo: a volte la cosa più incredibile, impensabile, insospettabile, può accadere, e il mondo mostrarsi, d'un tratto, alla rovescia, come non lo si sarebbe mai immaginato. E non in generale, in linea ipotetica: può accadere proprio qui, in Italia. Nelle descrizioni di Portanova il mondo si capovolge e diventa non più soltanto estraneo o sgradevole, ma ostile: in questi due libri assistiamo alla narrazione – episodio dopo episodio, verbale dopo verbale, dichiarazione dopo dichiarazione, con un’aderenza alla realtà che non lascia margini alla consolazione dell’incertezza – di un’Italia che per certi tratti di storia finisce a testa in giù e da patria del diritto si trasforma in covo della violenza e dell’abuso di potere.

L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio
(Silvio Berlusconi, da un manifesto a Caserta)

La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza.
(G. Orwell, 1984)

L’incredibile diviene verosimile, l’assurdo prende corpo. Il fondatore del “Partito dell’Amore”, Silvio Berlusconi, può dire che i “comunisti” sono mentecatti, miserabili, mercenari, opportunisti, sporchi di sangue innocente e contemporaneamente affermare “non abbiamo mai offeso l’avversario”. Può dire che i magistrati sono psichicamente disturbati, che gli extracomunitari rubano e stuprano, che Di Pietro è “un assoluto bugiardo”; al contempo, può sostenere che in Italia ci sia un clima d’odio scatenato dalla sinistra. I suoi colleghi di partito non sono da meno: per Sandro Bondi, Prodi è “un uomo cattivo, vendicativo, un vero imbroglione”; per Renato Brunetta, la sinistra “di merda” può andare “a morire ammazzata”; per Daniele Capezzone, c’è “una jihad giudiziaria contro Berlusconi e i magistrati sono degli “hooligan giustizialisti”. Tutti questi signori (e moltissimi altri) si qualificano, al contempo, come appartenenti allo stesso Partito dell’Amore. In cui le parole non sono semplicemente slegate dalla realtà, né soltanto la negano, ma addirittura la capovolgono. E noi che assistiamo a questo delirio mediatico quotidiano veniamo additati come quei “coglioni” che votano comunista.
Leggendo Inferno Bolzaneto si ha la stessa sensazione. Sembra di ascoltare storie della rivoluzione cilena, come questa:
P.E., fermata il 20 luglio. Vede una ragazza bionda trascinata per i capelli, un ragazzino preso a manganellate sui testicoli, uno senza scarpe al quale un agente butta una sigaretta sotto i piedi.
Giovani insultati e pestati in ogni parte del corpo, umiliati, minacciati, vessati. Si negano assorbenti igienici a ragazze che ne fanno richiesta; si nega il permesso di urinare o si concede di farlo solo sotto gli occhi degli altri. Si ha l’impressione che inorridire sia troppo poco.
L’opera è quella degli agenti di polizia addetti alla “sicurezza” durante il G8 di Genova. Sono gli stessi in regolare servizio oggi nelle città e nelle strade d’Italia, quelli cui ci rivolgeremmo per ottenere tutela in caso di pericolo. Inutile insistere su chi fosse al governo in quel momento. Non si tratta solo di una (gravissima) responsabilità politica, ma di qualcosa di più: in questo Paese tanto fragile basta un nonnulla per scatenare la violenza. Che si sia di destra o di sinistra, il lavoro politico più urgente da fare non è questa o quella leggina di sgravio fiscale, ma innanzitutto costruire un tessuto sociale coeso e solidale che sia in grado di resistere agli urti di tanta aberrazione. Prima che anche, senza accorgercene, finiamo a testa in giù.

(«Il Caffè», 23 aprile 2010)



Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano