lunedì 15 marzo 2010

Sulla giustizia in Raimon Panikkar

C'è un termine, attribuito al prof. Panikkar, che mi disturba: la parola "giustizia". Raimon Panikkar non considera affatto il principio di giustizia, tanto meno quello occidentale; è al massimo una sorta di interpretazione collaterale di qualche scuola del karma. Non sta all'uomo giudicare e/o amministrare alcun tipo di giustizia (teologica, filosofica ecc.).
(lettera al CIRPIT di Francesco B.)
Panikkar non ha dedicato alla giustizia scritti specifici (interessante al riguardo è un suo scritto del 1973, poco noto, sul tema "Filosofia e rivoluzione"). Ha tuttavia dedicato un articolo all'ingiustizia: "L'ingiustizia nel mondo", contenuto nel libro La nuova innocenza (ed. CENS, 1993, vol. 1, pp. 157-167), al quale La rimando senza meno; qui mi propongo solo di riassumerne il contenuto nella maniera più breve.
Panikkar inizia osservando che c'è al mondo una stragrande maggioranza di persone che vivono in condizioni di povertà, disagio o emarginazione, cui non rimane nessuna speranza; la restante minoranza (1 miliardo su 6), quella privilegiata, che non muore di fame e può sperare, è quella cui apparteniamo noi.
A questa gigantesca ingiustizia noi - come uomini, in generale e come cristiani, in particolare - non siamo affatto insensibili. È invece qualcosa che ci riguarda da vicino e in maniera irrinunciabile ed essenziale: tanto che per il pensatore catalano il "fatto religioso" stesso coincide con l'intraprendere il cammino verso il superamento dell'ingiustizia.
Di fronte alla più grande ingiustizia che la storia abbia conosciuto (cioè quella del nostro tempo: non c'è mai stata tanta gente che muore di fame, proprio oggi che c'è abbastanza cibo per tutti), il filosofo spiega che abbiamo bisogno di due "conversioni": lo smantellamento dell'ordine tecnico-economico imperante - sul piano politico - e il superamento del monismo e del dualismo - sul piano filosofico.
Tutt'altro che una questione secondaria: "la sfida di oggi non è una sfida parziale (che si riferisce a una cosa o ad un'altra) che consenta di sistemare le cose mediante riforme parziali. È una sfida molto più radicale che mette in gioco il senso della vita umana sulla terra". Nulla di meno. Sfida per la quale Panikkar culmina con l'invito a "consacrare le nostre vite all'affermazione della giustizia".
La sensibilità di Panikkar è dunque ben lontana sia da una rassegnazione fatalistica sia da un qualsiasi rinvio della questione all'aldilà (comunque lo si voglia intendere). Il fatto dell'ingiustizia è sotto i nostri occhi. In un senso o nell'altro, siamo chiamati a parteciparvi. (p.c.)

(Bollettino semestrale del CIRPIT", n° 1, marzo 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano