Ci si dispone a leggere l’ultimo libro di Renato Brunetta, Sud. Un sogno possibile (ed. Donzelli, 2009) con le migliori intenzioni. Merito anche dell’autore, che scrive in apertura:
ogni libro sull’arretratezza del nostro Sud dovrebbe essere l’ultimo. Questo, invece, è il mio secondo, e ciò segnala un evidente fallimento della politicalasciando intendere che le soluzioni esistono già, pronte su carta, e che il fallimento non è imputabile alla loro imperfezione, ma solo alla politica. Anche il tono dello scritto è rassicurante: dall’affettuoso “nostro” Sud citato, al
niente paura. Quella che segue non è l’ennesima ricostruzione storica della questione meridionale.Nonostante si metta poi a fare proprio la ricostruzione storica, fino alla fine del primo capitolo (p. 37).
Ci si sforza di leggere pensando al Brunetta docente di economia e non al ministro dell’attuale governo, per preservare la scientificità della trattazione dal rischio della propaganda politica (in ciò giova la mole delle cifre e delle citazioni puntuali). Ma è proprio l’autore a sovrapporre i piani, in passaggi come:
sappiamo tutti però quali dimensioni il problema rifiuti ha assunto e può assumere in specifiche realtà. In casi come questi, politiche dirette ed efficaci di «aggressione» del fenomeno possono fare la differenza, come si è visto nel caso di Napoli, brillantemente risolto da questo governo.Sembra più di una caduta di stile, siamo di fronte a un’affermazione che mina la credibilità di tutto ciò che è detto nel libro: perché oltre alla partigianeria (dichiarata e in tal senso onesta) resta il fatto che chiunque conosca la situazione dei rifiuti a Napoli sa bene che il problema è tutt’altro che risolto, tanto meno “brillantemente”.
Considerazione che finisce per permeare tutta la lettura successiva. A proposito dei “beni relazionali”, cui l’autore si è dedicato anche in opere precedenti, quei “sistemi di relazioni con chiari effetti economici” (di cui dà un esempio chiarificante: “l’organizzazione della giustizia, con i suoi operatori, le sue regole, le sue infrastrutture, è un bene pubblico; la consapevolezza e la fiducia che rispettare le regole migliora e qualifica la convivenza civile è un bene relazionale”), viene da pensare che sia tutto molto bello, ma che è grottesco sentirlo dire dal ministro di un governo il cui capo spende gran parte del tempo in battibecchi velenosi con i magistrati, cioè i tutori di quelle regole che Brunetta invoca. Al di là di come la si pensi, è inevitabile inciampare nella distanza fra i due propositi: “la legge è uguale per tutti” e “non mi farò processare mai”.
Insomma, il libro è certo un’occasione per riflettere “ancora una volta” sui problemi del Sud, ma le proposte appaiono fragili e tutto sommato deludenti. Molte le ovvietà e i buoni propositi (Pubblica Amministrazione trasparente ed efficiente; lotta al lavoro nero, alla corruzione e alla criminalità, in specie quella organizzata; esigenza di ripristinare la legalità e la fiducia – in primo luogo economica – che ne consegue).
La consueta cura editoriale della Donzelli, con i richiami analitici all’argomento trattato, al margine della pagina, è qui francamente sprecata.
(«il Recensore.com», 22 febbraio 2010)