lunedì 19 ottobre 2009

G. Limone-S. Sorrentino (a cura di), La persona come paradigma di senso, ed. Città aperta, 2009

Il personalismo è la filosofia che fa capo al francese Emmanuel Mounier (1905-1950), basata sulla centralità della persona. Cosa vuol dire “mettere al centro la persona”? Vuol dire, in primo luogo, prendere atto della sua radicale irriducibilità (la persona è sempre quella persona particolare, non è mai l’esemplare di una certa specie; è irriducibile a qualunque concetto esaustivo; è sempre in parte imprevedibile, incalcolabile): «la persona è un’idea che resiste all’idea di essere ridotta a un’idea» (p. 16), scrive Giuseppe Limone, professore ordinario di Filosofia del Diritto e della Politica presso la Seconda Università di Napoli, con una formulazione paradossale ed efficace. Ma il primo paradosso di ogni persona è proprio
quello di essere questa concreta persona, diversa da ogni altra e, allo stesso tempo, di essere persona, proprio come ogni altra.
Il personalismo è perciò una filosofia “scomoda”, refrattaria alla sistematizzazione rigida e definitiva da parte del pensiero. Perché la persona è agli antipodi di ogni definitività: la sua prerogativa è la novità più assoluta, ciò che non è pensabile se non a posteriori, in una parola la libertà (come sottolinea Sergio Sorrentino, professore associato di Filosofia della Religione presso l’Università di Salerno). La persona è talmente libera e nuova da non essere completamente trasparente (cioè conosciuta) nemmeno a se stessa: ce ne accorgiamo ogni volta che ci ritroviamo a constatare, stupiti, “non saprei dire neanch’io perché mi sono comportato in quel modo”.
La persona è sempre diversa, di più, oltre tutto ciò che se ne può dire o pensare. In questa considerazione si radica il pudore che accompagna la persona: pudore che non è un semplice sentimento soggettivo né un’oggettiva esigenza di rispetto dell’altro, ma la coscienza profonda che l’altro è un mistero da cui può sgorgare l’infinito: si tratta di
dar vita a un atteggiamento specifico che, sapendo che l’uomo non è mero oggetto, ma centro profondo di risorse e di atti, a questo centro nascosto apra varchi propiziandone le possibili espressioni (p. 26).
Si tratta dunque di andare oltre la tolleranza passiva della presenza dell’altro, verso un attivo volere che l’altro sia e che sia proprio così come egli è. Si tratta di un fondamentale rovesciamento di prospettiva che, secondo i curatori del volume, è lo spirito autentico della lezione evangelica; ciò che porta Limone a concludere che la persona, «pietra scartata dai costruttori di teorie» può e anzi deve (pena lo snaturamento della sua stessa essenza) diventare «testata d’angolo».
Il libro – il cui spunto è stato offerto dal Convegno internazionale del novembre 2005 tenutosi presso la Seconda Università di Napoli, in occasione del centenario della nascita di Mounier – contiene contributi dei curatori e di G. Campanini, A. Savignano, N. Bombaci, F. S. Testa, L. Nicastro, A. Danese e T. B. Guiza. Nell’epoca del dibattito planetario sui diritti umani, il personalismo di Mounier torna a mostrare la sua grande attualità.

(«l'Altrapagina», ottobre 2009)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano